Tutti gli articoli di Fabrizio

Antidoti/Antiemetici 4.0

Ho un desiderio fortissimo di considerarmi enclave extraterritoriale in questo paese che non riconosco più come il mio (e probabilmente non ho mai riconosciuto) e che ogni giorno trova il modo di schifare chiunque sia dotato di un minimo di intelligenza critica. Ad ogni modo, secondo l’ultimo sondaggio commissionato da Repubblica a IPR Marketing L’Unione stacca la Cdl di circa otto punti percentuali e forse ci si può concedere un barlume di tranquillità. Ecco, non volevo parlare di politica, stavo cercando un pretesto per non farlo più, invece ci sono cascato, come al solito.
Il mio appello di oggi vorrebbe spingervi a mostrare il dissenso più granitico, il disgusto più radicale nei confronti del cosiddetto hip hop che di hip hop non ha più assolutamente nulla: è solo una questione di maschilismo, sessismo, omofobia, pistole, gangsta, mc’s obesi e donne nude cellulitiche dai sederi grandi come paioli da polenta. Nonostante queste premesse se provate a fare zapping sui canali musicali, a qualsiasi ora, troverete almeno quattro vomitevoli video di (lol) “hip hop” in contemporanea. E pensare che già dieci anni fa DJ Shadow diceva “Why hip hop sucks in ’96?” E ora playlist!

* Goldfrapp: Number 1 (Alan Brake & Fred Falke Club Remix) [Mute]

La meravigliosa ricciolona bionda va a passeggio nel parco sottobraccio a John Foxx e Gary Numan. I heart Alison.

* DK 7: Where is the Fun [Output]

Siamo nei paraggi del discorso precedente, ma il paesaggio è plumbeo e (post) industriale. Il cantante deve aver mangiato per anni pane e Cabaret Voltaire a colazione.

* Tom Vek: Nothing But Green Light (Digitalism Remix) [Kitsuné]

Psicosi urbane e frustate disco not disco – No New York. Nothing but empty roads e una chitarra che ama Thurston Moore.

* Tiefschwarz: Warning Siren (Buick Project Remix) [Fine]

Non lo sapevamo, ma David Byrne ha un figlio illegittimo nato negli scantinati della DFA. E smitraglia in giro con il suo sequencer.

* Freeland: Heel & Toe [Marine Parade]

L’unica cosa imparentata con l’hip hop che valga la pena ascoltare. Sembra uscito da Psyence Pfiction di U.N.K.L.E. Assolutamente trainante.

* Les Visiteurs feat. Tommy Sunshine: Time Slides By [Systematic]

Chi ha detto che l’electroclash è morto? Vizioso, perverso & acido.

* Sterac Electronics: Destination Reached [Music Man]

Quasi italo disco, appena un po’ più ipnotica e contemporanea e vicina a Mylo e Metro Area.

* Medcab: Dance (Muttonheads Remix) [Hussle]

Se Giorgio Moroder fosse stato un operaio di Sheffield e se Chernobyl fosse accaduto nel 1978, la disco avrebbe avuto questo suono. Forse.

* Vector Lovers: Futures in Plastic (Claro Intellecto Remix) [Soma]

Asettico, minimale, oltre le nuvole.

* Housemeister: Do You Wanna Funk [Bpitch Control]

Una delle cose più strampalate che ho sentito recentemente: un basso che ripete tre note, un’accozzaglia di legnetti percuotono altri legnetti, una voce malata che passa di lì per caso.

* The Rakes: Terror (Extended Mix) [V2]

Be’, sono i Rakes! Tratto da Capture/Release.

* Benjamin Biolay: Les Cerfs Volants [Virgin France]

Solo due parole: malinconico e romantico (come ha detto Ali).

Dirotta verso il mare

dirottacover

Dirotta Su Cuba – Jaz
Jazzet/Edel
[ITA 2005]

La vita a volte è veramente strana. Dopo aver assistito all’ingresso in redazione di Pipolo, c’è chi ci spinge a far concorrenza ai nostri cugini di Musicboom . Noi riconosciamo a loro il primato in fatto di musica, ma ci prendiamo la libertà di ricevere un disco, accettarlo e addirittura recensirlo.
L’anomalia giunge dai Dirotta Su Cuba, storico gruppo italiano che si è sempre aggirato tra i meandri della black music, del funk e dell’acid jazz, i quali fanno pervenire in redazione un delizioso kit che comprende, oltre al cd racchiuso in un interessante packaging, un nécessaire monodose per farsi un cuba libre, subito fatto sparire dal webmaster, oltretutto prima di mezzogiorno.
Ci fu un’epoca a cavallo tra ’900 e 2000 in cui si poté assistere all’esplosione della cosiddetta lounge music: ogni giorno uscivano decine di ristampe di music libraries risalenti agli anni ’60 e ’70, ossia raccolte di temi usati in televisione o nel cinema per stacchetti, per la connotazione di momenti standard festaioli o erotici, accanto a raccolte di canzoni vere e proprie e temi tratti da commedie all’italiana, poliziotteschi, soft porno ed altro. Tutto questo era imparentato con il concomitante recupero dell’exotica e della bachelor pad music che andava da Esquivel a Les Baxter fino alla bossa nova più dozzinale, ma divertente. Gruppi contemporanei iniziarono ad ispirarsi a quelle atmosfere: saltarono fuori dei personaggi tipo i Pizzicato Five, i Fantastic Plastic Machine, i Combustible Edison e un’etichetta come la tedesca Bungalow la faceva da padrona. Quelle cose mi piacevano molto, ma in capo a un paio d’anni tutto diventò una fotocopia di una fotocopia di una fotocopia.
Qualche anno prima era esploso l’acid jazz (il jazz da ballare per la generazione acid house): sarebbero troppi i nomi da citare, ma ricordiamoci di etichette come la Talking Loud oppure l’eponima Acid Jazz. Anche in questo frangente tutto diventò sciacquatura di piatti in breve tempo.
Detto ciò, non riesco a capire l’operazione dei Dirotta su Cuba; Jaz non è un disco di Donald Byrd tipo Street Lady che rimane al di fuori delle mode e del tempo, così come non è un Timmy Thomas o un Quincy Jones d’annata, nonostante il fatto che in Fantom Beat (il titolo d’apertura e probabilmente il pezzo migliore) riecheggi tutto questo, quasi un Soul Bossa Nova accelerato.
Il resto del disco paga un tributo importante all’acid jazz più vocale e soulful alla Brand New Heavies, alla lounge music e alla bossa nova, con un uso più che discreto dell’elettronica e dei campionamenti, in brevi e improvvise accelerazioni drum ‘n’ bass “light”, con un emergere più deciso dei fiati altrove, in sonorità quasi big band (L’Iguana. No, Iggy non penso che c’entri qualcosa), e della chitarra acustica in pezzi decisamente bossa come Italy. Il piatto forte è rappresentato dalla nuova cantante Marquica (unica partner in crime del fondatore Rossano Gentili), che dice di ispirarsi a Ella Fitzgerald, a Billie Holiday e a Mina, compie agili equilibrismi vocali ma manca di dinamica, di maturità tecnica e stilistica pur risultando sexy e accattivante, così come sembra acerbo tutto il lavoro (nonostante la lunga carriera), penalizzato da una produzione troppo lineare e compressa.
Se Jaz fosse uscito esattamente dieci anni fa, probabilmente avrei gridato al “miracolo italiano” perché avrebbe rappresentato un prodotto di punta, piuttosto in linea con quello che accadeva nel mondo all’epoca, mentre trovo che oggi sia un’esperienza fine a se stessa e un po’ lontana dal tastare il polso pulsante di questi anni; ciò non toglie il fatto che sia un disco piacevole se ci si limita a cinque ascolti (tralasciando alcuni testi al limite dell’imbarazzante: son malato immaginario/mangio pizza fuori orario/son nato in Italy) e se si ripone il cd in un cassetto per tirarlo fuori con i primi caldi che inducono una maggiore tolleranza, e trasferirlo direttamente nel lettore cd dell’auto, pronti a far rotta verso il mare.

3/5

Antidoti/Antiemetici 3.0

Questa volta ho voglia di pescare nei recessi contaminati e contaminanti di qualche tempo fa. I disordini di Brixton, Margaret Thatcher, quadretti bianchi e neri, gente molto nerovestita, 100 Club e Batcave. Un sacco di contrasti e integrazione degli opposti. Forse gli anni più fecondi e prolifici del ’900.

* The Specials: Ghost Town (12″ version)
* The Clash: Guns of Brixton
* Gang of Four: To Hell With Poverty
* PIL: Death Disco
* 23 Skidoo: Vegas El Bandito
* Pigbag: Papa’s Got a Brand New Pigbag
* Bauhaus: Kick in the Eye
* A Certain Ratio: Shack up
* The Selecters: On My Radio
* Alien Sex Fiend: Ignore The Machine

Buone ricerche o buon ascolto.

Videochiamami

Cabina di un aereo, apparentemente business class, sobria e vagamente paradisiaca, con toni dominanti di grigio-bianco .

- Ma lei è…
- Si direbbe. E lei invece è il giovanotto dei videofonini?
- Ma dimmi tu! Oh la la! Ma che combinazione! Ma guarda tu la vita! (ecc. ecc.)
- E invece la signorina farebbe bene a scegliersi un altro senatore. A vita.

Ora, non ci sarebbe nulla di male se uno dei testimonial fosse un politico di razza sul viale del tramonto che arrontonda la modesta pensione facendo pubblicità. Si dà il caso, invece, che il senatore che legge il giornale sia un famoso pentito di mafia, uno che baciava i boss, uno che non è stato assolto, ha soltanto beneficiato dei termini di prescrizione. Ed è uno che sa tutto di questo paese, sa chi l’ha fatta fuori dal vaso a partire dal 1945, chi ha messo tutte le bombe, sa chi comanda veramente questo paese da sessant’anni.
Mi auguro semplicemente che il gestore di videotelefonia in questione, la 3, per la precisione, possa perdere migliaia di clienti effettivi e potenziali grazie ad una scelta di manifesto cattivo gusto. Anzi, una scelta offensiva. Perlomeno, io mi sono risentito; non so voi, ma non sceglierò mai quell’operatore, neanche se si profondesse in scuse salameleccanti per i prossimi dieci anni.

Manganelli

La polizia continua a manganellare senza ritegno: dal G8 in poi pare di essere tornati ai tempi di Tambroni oppure, esempio ancora più calzante, sembra di essere in una qualsiasi banana republic dittatoriale del Sudamerica. Oggi, alla riapertura del processo contro i carnefici della Diaz e di Bolzaneto, era presente uno solo degli imputati. Come si può mostrare una tale arroganza ed un tale spregio delle regole e della legalità? Intanto la spregevole Santanchè mostra il dito agli studenti che manifestano, salvo poi fare una figura da peracottara prima negando di aver fatto quel gesto, poi criticando la stampa tutta che si è permessa di pubblicare la foto incriminante.
La questione è che il fascistoidismo è una piaga ereditaria di lunghissima data e difficilmente sradicabile dalle “forze dell’ordine”. Leggiamo questo passo illuminante e cerchiamo di capire perché le conseguenze del ventennio fascista stanno continuando ancora oggi, l’Italia è una “democrazia” incompiuta e ci troviamo dei vecchi arnesi decrepiti come Mirko Tremaglia fra gli zebedei.

…Il risultato fu che negli anni dal 1945 al 1947 nessuno degli apparati dello Stato fu messo in discussione e non si fece al­cun tentativo per rinnovare l’amministrazione centrale a Ro­ma, grandemente dilatatasi sotto Mussolini. Nessuno degli enti speciali semi-indipendenti creati dal fascismo per interve­nire nel campo dell’assistenza sociale o dell’economia fu sot­toposto a una critica seria, e non si fece alcun passo per modi­ficare il sistema di reclutamento e di carriera dei giudici, ben­ché in questo periodo ministro della Giustizia fosse Togliatti.
Se l’apparato rimase sostanzialmente lo stesso, fu fatto inve­ce qualche tentativo per epurare il personale. L’intera questio­ne dell’epurazione risultò uno dei problemi più scottanti dell’e­poca. Chi aveva combattuto nella Resistenza o aveva sofferto sotto il fascismo pretendeva, con qualche giustificazione, che i membri del regime fascista non sfuggissero a una qualche pu­nizione. D’altro canto, epurare l’amministrazione dai fascisti iscritti significava piu o meno chiuderla, dal momento che la tessera del partito fascista era stata obbligatoria per tutti i fun­zionari statali. L’attività delle commissioni di epurazione riuscì ad abbinare i lati peggiori di questo stato di cose: lasciò liberi alcuni tra i maggiori responsabili del fascismo, incriminando invece il personale dei livelli piu bassi. Questo modo di proce­dere esasperò tutti coloro che erano entrati nell’amministrazio­ne durante il ventennio, poiché vedevano così compromesso il proprio destino in un momento di disoccupazione diffusa.
L’epurazione si risolse in un fallimento completo. La magi­stratura non ne fu minimamente toccata e quando fu il suo turno di giudicare prosciolse quanti piu imputati poté dall’ac­cusa di collaborazione col passato regime. Anche altri settori fondamentali del personale statale rimasero inviolati. Nel 1960 si calcolò che 62 dei 64 prefetti in servizio erano stati funzionari sotto il fascismo. Lo stesso era vero per tutti i 135 questori e per i loro 139 vice. Solo cinque di essi avevano partecipato in qualche modo alla Resistenza.
I dirigenti fascisti furono assolti con formulazioni oltrag­giose. Paolo Grano, capo di stato maggiore di Mussolini du­rante la marcia su Roma, membro del Gran Consiglio e sotto­segretario agli Interni, fu liberato perché il Tribunale fu inca­pace di stabilire un «nesso causale» tra il suo comportamento e la distruzione della democrazia. Renato Ricci fu riconosciu­to non colpevole in quanto la Guardia nazionale di Salò, di cui era stato comandante, fu considerata nient’altro che una forza di polizia interna. Nel giugno 1946 Togliatti promulgò un’amnistia che segnò la fine dell’epurazione. Proposta per motivi umanitari, l’am­nistia sollevò una valanga di critiche. Grazie alle sue norme sfuggirono alla giustizia anche i fascisti torturatori. Venne sta­bilita una distinzione grottesca e disgraziata tra torture «nor­mali» e «sevizie particolarmente efferate». Con questa for­mula i tribunali riuscirono ad assolvere crimini quali lo stupro plurimo di una partigiana, la tortura di alcuni partigiani appe­si al soffitto e presi a calci e pugni come un sacco da pugile, la somministrazione di scariche elettriche sui genitali attraverso i fili di un telefono da campo. Per quest’ultimo caso la Corte di Cassazione stabili che le torture «furono fatte soltanto a scopo intimidatorio e non per bestiale insensibilità come si sa­rebbe dovuto ritenere se tali applicazioni fossero avvenute a mezzo della corrente ordinaria»
Alla fin fine l’unica effettiva epurazione fu quella condotta dai ministri democristiani contro i partigiani e gli antifascisti che erano entrati nell’amministrazione statale subito dopo l’insurrezione nazionale. Lentamente ma con determinazione De Gasperi sostitui tutti i prefetti nominati dal Clnai con funzionari di carriera di propria scelta. E nel 1947-48 il nuovo ministro democristiano degli Interni, Mario Scelba, epurò con sveltezza la polizia dal consistente numero di partigiani che vi erano entrati nell’aprile 1945″.

Paul Ginsborg, Storia d’Italia dal Dopoguerra ad Oggi, pp. 120 – 121, Torino, 1988

Antidoti/Antiemetici 2.0

Mi sento così magnanimo e così poco desideroso di abbandonarmi ai soliti conati che Vi scodello un’altra playlist. Questa roba mi tiene vivo. Da iniziare ad ascoltare da metà, o dal fondo, o dall’inizio.

* White Rose Movement: Love Is a Number
* Gwen Stefani: Cool (Photek Remix)
* Tiga: You Gonna Want Me (Isolée In-My-Bee Remix)
* Sono: A New Cage (Extended)
* Agoria: Les Beaux Jours
* Abe Duque: Ban
* Coburn pres. Dumb Blonde: We Have the Technology
* Death From Above 1979: Black History Month (Alan Brake and Fred Falke Remix)
* Vetosilver: When You’re With That Girl
* The Organ: Brother

Buone Cose

Antidoti/Antiemetici

Così, una playlist per questi giorni. Oplà. In ordine sparso.

- Adult: Gimmie Trouble
- Ladytron: Destroy Everything You Touch
- Jenny Goes Dirty: Amoureux Solitaires
- Human Body: Slave of the Machines (Gino & Snake Plissken remix)
- X Lover: So Blue
- Annie: Happy Without You (Riton Vocal mix)
- The Juan Maclean: Give Me Every Little Thing (Muzik X Press Vocal mix)
- The Magicake: I Was Dancing With Boy George (Adriano Canzian mix)
- Depeche Mode: Precious (Misc Full Vocal mix)
- Soulwax: NY Lipps (Kawasaki Dub)
- Kate Wax: Killing Your Ghost
- Audion: Just Fucking (Roman Fluegel’s 23 Positions in a One Night Stand Remix)

Enjoy.

Occhi senza prosciutto

Siccome Repubblica ormai è un tabloid scandalistico e il manifesto è completamente sotto choc, per sapere cosa succede in Italia bisogna leggere il Guardian, che ha dedicato addirittura un dossier al belpaesucolo. C’è veramente di che andare in Municipio a restituire la carta d’identità facendo harakiri e chiedendo scusa all’universo.
A parte questo, le pagine culturali del quotidiano britannico sono innumerevoli e molto ben fatte.

http://www.guardian.co.uk/italy

Molto interessante è anche Italieni che è una rassegna di ciò che la stampa estera scrive a proposito dello stivale.