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Tutto merito di Nanni?
di Carlo Griseri
Il 25° Torino Film Festival sarà ricordato come il primo (non l'unico, dovrebbe essere al timone dell'evento anche nel 2008) organizzato da Nanni Moretti. Dopo l'edizione 2006, schiacciata nel calendario dall'esordio esplosivo (e invasivo) della veltroniana Festa del cinema di Roma, le autorità competenti hanno deciso che era necessario per Torino un cambio della guardia, l'arrivo di un nome di peso che attirasse visibilità sui media e film di spessore. Moretti ha assicurato largamente l'attenzione di giornali e tv, ma ha saputo anche selezionare un ampio numero di pellicole di qualità e di rilievo internazionale, capaci anche di richiamare tantissimo pubblico (dopo i primi 3 giorni gli incassi registravano il 50% in più, e al termine i dati ufficiali dicono +79%!). Il neo-direttore si è innamorato del "suo" festival tanto da essere visto spesso fuori dalle varie sale, a commentare i film proiettati, a salutare la gente in coda, a godersi lo spettacolo di un evento riuscito.
Il pubblico ha seguito con interesse tutto: le due personali dedicate a Wim Wenders e a John Cassavetes (mai prima così complete), gli spazi riservati a film, corti e documentari italiani, le nuove sezioni (La Zona, dedicata a film di ricerca, Lo stato delle cose, in cui viene approfondito il cinema come "universo immaginario al quale tornare per cercare di capire la realtà frantumata nella quale viviamo", L'amore degli inizi, coi film d'esordio di alcuni tra i maggiori registi italiani - Taviani, Rosi, Ferreri, Brass, De Bosio) e, naturalmente, il concorso vero e proprio. Già, il concorso. In mezzo a tutte le parole, a tutti i discorsi fatti su "altro", si è svolta come ogni anno la competizione - tra 15 pellicole - sotto gli occhi di un'attenta giuria qualificata (composta da Aki Kaurismaki, Jasmine Trinca, Robert Guédiguian, Piers Handling, Laura Pariani, Carlo Mazzacurati e André Techiné). Ha vinto l'irlandese Garage di Lenny Abrahamson, mentre il premio speciale è andato al malese The Elephant and the Sea di Woo Ming Jin (una scelta controversa, in molti avevano lasciato la sala durante la visione, stremati dagli eterni silenzi della pellicola). La giuria popolare ha invece scelto Lars and the real girl, divertente commedia Usa con Ryan Gosling ed Emily Mortimer. Per la prima volta Torino celebra anche le interpretazioni: hanno vinto Joan Chen, per The Home Song Stories dell'australiano Tony Ayres (ma ne parliamo dopo ), e Kim Kang-Woo per il coreano Gyeonguy Seon, regia di Park Heung-sik. Nota di demerito per la sigla animata che ha preceduto ogni singola proiezione, ad opera di Chicca Richelmy: pasticciata sintesi di 35 secondi dei temi del cinema, con una improbabile lampadina volante (che faceva sembrare il tutto uno spot per l'energia elettrica ). Un'occasione persa, se si pensa - limitatamente ai festival torinesi - a quanto belle e applaudite sono state quest'anno le sigle del Festival del Cinema Gay e Lesbico e di Cinemambiente.
Infine, un po' di confusione (e di proteste) sono state generate dalla modalità di ingresso nelle sale, con la precedenza ai possessori dei biglietti per la singola visione e il rischio - per accreditati e abbonati - di non riuscire a entrare alle proiezioni più interessanti. La capienza limitata di molte sale, inoltre, ha accentuato il problema, senza contare la forse eccessiva mole di accrediti concessi: 2360, circa il 50% in più rispetto alle ultime edizioni!
(Quattro) Stralci di festival
Purtroppo quest'anno la mia presenza in sala è stata fortemente limitata da impegni lavorativi e personali, per cui la cronaca delle singole visioni è limitata. Mi sembra doveroso però approfondire quattro pellicole, che per diversi motivi sono da ricordare (la quinta, Lascia perdere, Johnny, è ampiamente raccontata in altra sezione).
My blueberry nights: vedere l'ultimo sforzo di Wong Kar Wai era doveroso. Le due proiezioni del film - che già aveva inaugurato lo scorso Festival di Cannes - hanno registrato il tutto esaurito. Il tutto però delude, la prima avventura statunitense del regista cinese non mantiene le aspettative. Mancano quasi completamente scene in esterni, come in molti dei suoi precedenti lavori: sarebbe stato interessante vedere come Kar Wai avrebbe ritratto gli States. Attori bravi, nota speciale per l'esordio di Norah Jones, da applausi.
10 items or less: Morgan Freeman è un famoso attore (da qualche anno fermo) a cui è stato proposto di interpretare il direttore di un supermarket, Paz Vega è una infelice cassiera che lo incontra durante un "sopralluogo". Il film di Brad Silberling (Casper e Lemony Snicket), presentato in anteprima, è splendido: divertente, con tempi comici e di narrazione efficaci, due attori bravissimi e ottimamente "integrati", una sceneggiatura brillante e mai banale. Da vedere, assolutamente.
Exodus: diretto da Pang Ho-Cheung, il film di Hong Kong - visivamente molto ricercato - merita di essere segnalato per vari motivi. Innanzi tutto per la trama, che vede un nugolo di donne - secondo le teorie di un sospetto maniaco sessuale - cospirare per uccidere impunemente tutti gli uomini. E poi per la colonna sonora, a firma Gabriele Roberto: il compositore piemontese (vincitore del Japan Academy Prize per il suo lavoro precedente, già intervistato qualche tempo fa: http://www.cineboom.it/speciali.php?ID=73&c=5) ha firmato forse il suo lavoro migliore, brani che conquistano, quasi interamente per pianoforte solo.
The homesong stories: "il film più inutile in 25 anni di concorso", era stato il giudizio eccessivo di alcuni critici all'indomani della proiezione. La trama ricalca la storia della madre del regista, una storia drammatica divisa tra amori sbagliati e tentativi di suicidio. Splendida Joan Chen (come donna e come attrice), la bravura degli attori (riconosciuta dalla giuria) merita la visione nonostante l'eccessiva freddezza della narrazione.
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