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Intervista

Speciale del 25 04 2007

 
 
 
 
 
 
 
 
 
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Speciale

Passione e disincanto di un grande maestro

di Roberta Folatti

Centochiodi ha diviso la critica tra chi lo osanna e chi lo stronca senza pietà. A prima vista il messaggio di Ermanno Olmi può apparire un poco semplicistico dove sostiene che tutti i libri del mondo non valgono il caffè con un amico e che è necessario "crocifiggerli" per animarli.  Al cinema Anteo dopo la proiezione del film, il regista si è sottoposto alle domande del pubblico senza risparmiarsi. E allora è risultato evidente che l'apparente ingenuità del discorso di Olmi nasconde complessità e grande fascino.

"L'idea di Centochiodi - racconta il regista - è nata da piccole sollecitazioni accumulate nel corso degli anni, che alla fine hanno prodotto un pensiero. Tornando al periodo scolastico ho capito che il mio rifiuto della scuola era dovuto al fatto che mi sembrava un luogo terribilmente noioso. Si era appena usciti dalla guerra e forse coltivavo l'idea di vivere la vita partecipata, di conoscere la vita in presa diretta. E questo anelito mi appariva in antitesi con una scuola statica, un po' ammuffita. Poi molto tempo dopo, durante la guerra in Kossovo, ho visto l'immagine di una biblioteca distrutta, di libri bruciati. Guardavo i miei scaffali di libri e dicevo loro: ma come, non battete ciglio? Perchè ve ne state inchiodati?"

Olmi cita l'incontro con il filosofo Raymond Klibsanky la cui frase "I libri pur necessari non parlano da soli" apre il suo film. "Noi dobbiamo essere la continuazione di quelle parole. - dice con passione il regista - Non basta leggere un libro e capirlo, se non si agisce i libri restano inchiodati. I libri devono passare dalla relazione col mondo. Quel professore, nell'inchiodare i libri, inchioda la parte sbagliata di sè. Il Monsignore, chiuso nella sua biblioteca, geloso dei suoi libri, non dà testimonianza diretta di ciò che ha appreso. Se smettessimo di parlare di amore e cominciassimo a usare il verbo amare, cioè l'agire dell'amore, tante cose cambierebbero."

Poi Olmi spiega la sua scelta, irrevocabile nonostante il rammarico di molti, di non girare più film "narrativi". "Inchioderò anche gli schermi del cinema - scherza - perchè non farò più film ma solo documentari. Voglio condividere la realtà andandoci davvero a braccetto, ora che me ne resta poca da vivere. Rispettando e seguendo la grande lezione di Rossellini, che capì come, nel confronto con le altre arti, il cinema potesse essere la rappresentazione della vita. Io incontrai il grande regista quando faceva ancora solo documentari, ci siamo conosciuti e siamo diventati amici. Oggi Rossellini ha la sua vera attualità." Olmi dice che con Centochiodi ha voluto salutare e omaggiare amici come Zavattini, Fellini, Testori, Bianciardi, Mastronardi, oltre al già citato Rossellini. "Come quando cambi casa o luogo in cui vivere e ti volti per l'ultima volta per catturare delle immagini da portare con te, io nel mio nuovo lavoro di documetarista porterò l'immagine di questi grandi registi e scrittori che mi hanno onorato della loro amicizia."

Gli chiedono come mai abbia scelto Raz Degan, un personaggio più legato alla moda e alla pubblicità che ai film intimisti, per una parte che allude alla figura di Cristo. Risponde che, oltre a possedere i canoni estetici che stava cercando, l'attore in questi anni ha fatto un percorso interiore importante, girando il mondo e interrogandosi su ciò che vedeva, alla ricerca di contatti e di incontri che l'hanno arricchito. Racconta di come siano diventati amici e di come sia stato fitto il loro scambio durante e dopo la lavorazione del film. 

Olmi poi torna di nuovo sui libri e sulla scena più forte di Centochiodi, destinata a rimanere impressa a lungo nella memoria, anche da un punto di vista puramente visivo. "L'inchiodatura del libro - spiega - è come l'inchiodatura di Cristo. Per capire veramente qualcosa noi esseri umani abbiamo bisogno di vedere uomini in croce e libri inchiodati..."

 
 
 
 
 
 
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