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Cineforum

Speciale del 05 12 2006

 
 
 
 
 
 
 
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Speciale

Quando il sublime scorre sotto pelle

di Sara Troilo

Vital è un film del 2004. E' stato presentato (fuori concorso!) a Venezia e non è mai stato distribuito in Italia. Mai. Dopo averlo visto è naturale chiedersi il motivo di questa mancata distribuzione perché con questo Vital, Tsukamoto continua a dimostrarsi un grandissimo autore a livello mondiale. Non ha grande compagnia, gli autori con la A maiuscola non sono tanti per niente, la miopia della distribuzione italiana è davvero patologica e chi subisce queste scelte incredibili e indifendibili sono gli spettatori, trattati tutti alla stregua di gente che si nutre a De Palma pensando di abbeverarsi alla fonte della settima arte.

 

Dopo il meraviglioso A snake of June, Shinya Tsukamoto di nuovo utilizza il colore come fondamenta e, attraverso l'alternanza di rossi e di blu, ci parla di amore, ma quello viscerale. Questa è la storia di Hiroshi Takagi (Tadanobu Asano) che perde la memoria in seguito a un incidente d'auto e che decide di riprendere gli studi di medicina, abbandonati tempo prima. Col passare del tempo Hiroshi rivive alcuni attimi del proprio passato, finchè non si fa strada un volto, quello della ex fidanzata Ryoko (Nami Tsukamoto) morta nell'incidente e portata in fin di vita al policlinico dove lavorava il padre di Hiroshi, anch'egli medico. La ragazza, nel breve periodo in cui riprende coscienza, rivela ai genitori la propria intenzione di lasciare il suo corpo alla scienza e proprio quel corpo sarà esame di studio per Hiroshi, impegnato nella sua dissezione. Dal riconoscimento del cadavere che dà vita all'incontro semionirico, e sempre più intenso, con la ex fidanzata, inizia un percorso nell'intimo dell'anima e del corpo dell'amata da parte dello studente di medicina. Hiroshi è molto bravo, i suoi studi fanno progressi. Durante il primo giorno di indagine autoptica dimostra una scioltezza senza pari nell'uso del bisturi e non solo. Il giorno seguente qualche titubanza comincia a mostrarsi, fino a quel momento gli spettatori (i fortunati che hanno visto il film a Venezia o i fortunati dotati di una connessione alla rete bella tonica) subiscono lo stesso senso di spaesamento del protagonista, connotato da un girare in tondo nella vita reale e da una serie di lampi subitanei e spiazzanti nella vita onirica, subconscia o soltanto immaginata. Ma poi si arriva ai nervi, quelli sotto pelle e allora si delinea un rapporto con la fidanzata ormai morta, vitale quanto mai. La donna spesso danza e le sue coreografie sono concitate (si rimanda ai nervi) e gioiose, liberatorie ed evocative. Ma non sono ricordi quelli che rivive Hiroshi, la ragazza in realtà non ha mai danzato in vita. C'è quindi, per il ragazzo, una vita dopo l'incidente che è segnata dallo studio e da una serie di interni squallidi e illuminati dal neon e una vita, che non si sa dove collocare, che invece è baciata dalla luce del sole e ha il mare come sfondo. Un respiro ampio all'interno dell'intricato rapporto tra metropoli e uomo, tipico della poetica di Tsukamoto. Un altro elemento rende peculiare il dramma di Hiroshi, la perdita di memoria fa sì che l'elaborazione del lutto in lui avvenga in maniera graduale, di pari passo con l'affiorare dei ricordi. Proprio per questo Vital non è un film di disperazione, ma di scoperta dell'amata.

Indagando sotto l'epidermide e ancora più giù nel corpo della persona amata è davvero possibile scorgerne l'anima, intesa come la parte più vitale e genuina dell'essere umano? E questa ricerca condurrà mai ad una fine e alla supposta pacificazione che dovrebbe portare con sé? Ciò che può apparire a uno sguardo superficiale come una terribile mancanza di tatto, come una violazione perpetrata su un corpo privato di vita da una morte violenta, è la condizione necessaria all'incontro di due anime che si sono amate e che continuano un dialogo portandolo a un livello profondissimo. Quello che può avere l'aspetto di un thriller concepito per sconvolgere, si trasforma, con il procedere dell'autopsia, in un viaggio al di là delle regole terrene, ma tenero e molto alto. Al di là di ciò, però, va detto che anche l'inquadratura da vicino dei muscoli dei cadaveri ha una misura che non lascia adito a perplessità sulla natura del film. E se l'estetica cyberpunk già con A snake of June (di fatto forse un film più semplice di questo da affrontare) faceva da supporto, ma non invadeva lo schermo se non in alcune scene, qui si trasforma (come le è congeniale) in scheletro che sorregge la narrazione. Si avverte nel coraggio di affrontare lo studio dell'anima con il bisturi in mano e avendo come spirito guida il corpo: uno spirito materiale quanto mai. Dal ferro che pervade il corpo e lo trasforma (ovviamente Tetsuo) per elevarsi a forma di pensiero, a ideologia, arriviamo con Vital al pensiero che lacera le carni, toglie le costole, si fa ricordo e poi vita emozionale: un percorso verso il cuore poco battuto, di certo. E magnifico.

 
 
 
 
 
 
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Commenti
 

I lettori hanno scritto 2 commenti

 
 
utente
Dudoski
  • indirizzo IP 83.103.92.98
  • data e ora Martedì 05 Dicembre 2006 [9:25]
  • commento Forse - dico forse - il miglior film di Tsukamoto. E' incredibile la cecità dei distributori italiani. (p.s. complimenti per la recensione, veramente ottima!)
 
 
 
 
 
Luigi Faragalli
Luigi Faragalli
  • indirizzo IP 151.65.218.104
  • data e ora Mercoledì 08 Dicembre 2010 [21:19]
  • commento Chissà quante altre opere di assoluto primo piano ci vengono precluse ogni anno.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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