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Intervista

Speciale del 26 04 2006

 
 
 
 
 
 
 
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Speciale

Pasquale Catalano - Il rapporto intimissimo tra musica e film

di Roberta Folatti

Lo confesso... oltre che del film, mi sono innamorata della colonna sonora de Le conseguenze dell'amore. Credo ci siano pellicole che non possono prescindere dalla musica che scorre al loro interno. E quella del film di Sorrentino combinava insieme ariosità e drammaticità, associandosi inscindibilmente alle immagini.

Quel che segue è il resoconto del lungo colloquio con Pasquale Catalano, che dopo aver composto la colonna sonora de Le conseguenze dell'amore, firma quella del film di Antonio Capuano, La guerra di Mario.

 

I tuoi inizi?

Ho cominciato a studiare pianoforte al Conservatorio, ma a un certo punto ho dovuto smettere per un problema al braccio, così ho studiato composizione. Ho collaborato con il teatro per anni, in particolare con la Compagnia della Fortezza di Armando Punzo e poi con Enzo Moscato. Nel frattempo al cinema avevo fatto Libera e I buchi neri con Pappi Corsicato.

 

E la collaborazione con Paolo Sorrentino?

Ci conosciamo da tanto tempo, dagli anni '80, ho iniziato con lui con il cortometraggio L'amore non ha confini, poi è venuto L'uomo in più che è andato molto molto bene. Dopo il primo film, se non hai dei riconoscimenti, diventa difficile continuare, rischi di prendere al massimo una strada di artigianato, assolutamente onesta ma limitata, invece L'uomo in più è stato un ottimo viatico per continuare. Ci ha portato a fare Le conseguenze dell'amore, che è stato un po' il caso dell'anno scorso.
Questo successo mi ha colto un poco di sorpresa, essere andati a Cannes era già stato un risultato eccezionale per noi. Ma là il film non era emerso particolarmente, a dire la verità quell'anno, in cui vinse Old Boy, non ci fu nulla che si fece davvero notare.
Poi però Le conseguenze dell'amore ha preso strade completamente indipendenti da ciò che è successo a Cannes e subito dopo Cannes, ha viaggiato da solo, ha funzionato col passaparola. E ha funzionato talmente bene da rimanere due mesi e mezzo in cartellone a Roma, Milano, Napoli. Poi sono arrivati i Nastri, i David di Donatello ed è uscito un'altra volta, rifacendo più o meno gli stessi incassi.
Allora ti accorgi che la gente va a vedere delle cose che non ti aspetteresti mai, cose che non pensi abbiano un pubblico al di fuori di pochi cinefili.

 

Perchè, secondo te, si è verificata questa corrispondenza fra film e spettatori?

Forse perchè il film è contraddistinto da un equilibrio abbastanza miracoloso.
Però ti giuro, la prima volta che ho rivisto  Le conseguenze dell'amore in modo distaccato, lasciando passare un po' di tempo, ho pensato: bello sì, ma non lo andrà a vedere nessuno. 
Perchè non è facile, è un film che sta sempre sul limite, un attimo prima di cadere rilancia in un altro modo, si reinventa.
Finito con Sorrentino mi è capitato di lavorare  con un regista, Antonio Capuano, con cui ho sempre desiderato collaborare... insomma per me un periodo magico...

 

Ma raccontami dell'esperienza di Cannes.

Beh partecipare al Festival di Cannes è come andare su Marte, è un'esperienza allucinante. Ti vengono a prendere con le macchine per fare pochi metri, c'è la guardia d'onore, le telecamere, i flash, i tappeti, il pubblico... Fai questa serata incredibile, vedi il film come non lo vedrai mai più, lo senti come non lo sentirai mai più, con un audio straordinario, a dieci metri da te c'è Quentin Tarantino che applaude.
Davvero ti senti su Marte.
Poi, il giorno dopo... è finita. Come dire? Sputano il nocciolo!!!
Tu sei di nuovo dietro le transenne con quelli che fotografano i Vip, non puoi nemmeno vedere i film perchè sono a inviti. Il giorno prima sugli altari, il giorno dopo... te ne devi andare!

 

Come avviene il processo di composizione delle tue musiche?

Solitamente parto dalla sceneggiatura del film, almeno quando non c'è ancora il girato da visionare. Cerco di mettere in rapporto organico, quasi drammaturgico reale, la musica con il film. Per La guerra di Mario, partendo da uno spunto di sceneggiatura ho cominciato a pensare al possibile modo di esprimersi di questo bambino, che si avvicina al pianoforte da solo. Insomma c'era tutta la difficoltà di mettersi nei panni di un bambino che non ha mai avuto una lezione di piano. Come facevo io a sette anni...
Generalmente sto poco sul set, quindi mi servo molto della sceneggiatura, e poi è importante seguire la fase del montaggio.

 

Quanto conta l'immaginazione?

Non mi baso tanto sull'immaginazione visiva, quanto sulle sensazioni che la sceneggiatura suscita in me, magari mi concentro su un momento che non significa molto all'interno della trama, su un lato del personaggio.
Prendi la paura del protagonista de Le conseguenze dell'amore quando va ad incontrare il mafioso, ecco il tema musicale è nato sull'idea di questo sentimento. La parte emotiva inizia a montare piano nel film e, durante quel piano sequenza di quattro minuti, raggiunge l'apice.

 

Tutta la colonna sonora del film è basata sul contrasto tra la parte elettronica e quella più ariosa...

Io continuo a dire che non si tratta di un contrasto.
La mia forse è una considerazione un po' tecnica: c'è tutta una parte fredda, un minimalismo elettronico, che poi, come si inizia a riscaldare il protagonista, diventa una cosa minimalista calda.
Ma la struttura compositiva è simile, anche se nella prima parte è costituita da suoni sintetici, da rumori mentre nella parte finale abbiamo usato praticamente solo "legni", che rendono la musica molto più calda. Però, per quanto calda, rimane sempre stridente...
Con Giuseppe Sasso e i musicisti napoletani che hanno collaborato abbiamo voluto un suono italiano, squillante, che fosse al limite dell'aspro. Spero che la sonorità sia percepita diversa da quella di Greenaway e Nyman, per i quali ho sicuramente un amore sconsiderato (soprattutto per l'accoppiata), ma noi volevamo che uscisse qualcosa di differente. Fino a quando ci riuscirò, vorrò sempre suonare con musicisti italiani, in particolare coi miei amici, con le persone con le quali ho studiato.

 

E' anche un fatto di familiarità?

Io ho un grosso problema a stare in sala con un cronometro in mano, e mi viene l'angoscia a pensare di lavorare con turnisti e persone che non conosco, ai quali devi essere tanto bravo da spiegare ciò che vuoi, magari in un'altra lingua. Nelle produzioni delle grandi orchestre, registrate in Romania piuttosto che a Londra, si sentono molte sporcature tecniche. Registrano in fretta, tutti insieme, ed è impensabile che richiamino 70 persone per correggere alcuni passaggi.
Fare una cosa del genere con Le conseguenze dell'amore, cioè registrare direttamente con un'orchestra, in una sola volta, avrebbe reso tutto complicatissimo. Soprattutto col pezzo più arioso, che ha tante parti di viole e violini: registrarlo in una volta avrebbe mischiato tutto il suono, creando confusione. Infatti l'abbiamo registrato a più riprese.
Io ho bisogno di persone di fronte con cui poter parlare, confrontarmi, stare in una sala anche a ridere, a cazzeggiare. Con questi musicisti si suona senza bisogno di troppi riferimenti, perchè c'è un sentire comune, e riesco ad ottenere ciò che voglio col valore aggiunto del musicista. E' come fare un grande film, Truffaut diceva: - L'unico valore aggiunto che puoi avere è  un grande attore-.  Avere Felice De Falco che suona il violoncello, Paolo Sasso che suona il violino è una cosa in più a qualsiasi composizione si possa scrivere. Suonare nella sala di Giuseppe Sasso significa avere un coautore a fianco. E' un modo diverso di lavorare rispetto alle grandi orchestre, comunque per quanto mi riguarda c'è anche una timidezza personale, un fatto caratteriale. E poi Napoli offre una quantità di talenti davvero straordinaria. C'è un continuo ribollire, gente di una bravura eccezionale. Certo c'è anche il rovescio della medaglia, di un certo provincialismo, del volersi confrontare solo all'interno della città... cosa che ho cercato di evitare andando a vivere a Roma.

 

E' molto importante riuscire a trasmettere ai musicisti il proprio sentire, ciò che si vuole esprimere?

E' il valore aggiunto della nota. Da un lato io credo molto nella nota, il mio maestro ungherese diceva che tutto ciò che un musicista deve suonare è già scritto nelle note, per cui responsabilizzava molto il compositore. Nella scrittura devi dire tutto, io sento forte l'impegno di scrivere bene, di non lasciare grande spazio all'improvvisazione. Ma la bravura dei musicisti è importante.

 

Quanto incide secondo te la musica in un film?

La scelta della musica dipende dalla sensibilità del regista. E dalla sensibilità del musicista dipende la capacità di dare una traduzione alle idee del regista. Io vengo dal teatro, e lì lo spettacolo è nelle mani degli attori e del musicista, se suona dal vivo. Ogni sera è diversa, e soprattutto c'è un tipo di relazione fra tutti più reticolare. Capita, per fare un esempio, che il musicista si confronti con lo scenografo, o con gli attori, c'è un interscambio continuo, un'influenza reciproca, è un modo più orizzontale di lavorare.
Nel cinema i rapporti sono sempre uno a uno, il regista e il musicista, il regista e lo scenografo, il regista e gli attori. Il massimo del rapporto che ci può essere, che è per così dire tecnico-narrativo, è tra il musicista e il montatore. Musicista-montatore-regista. Io sento una maggiore responsabilità rispetto al teatro, quella di evitare al regista di fare passi falsi, di cadere nella banalità, e così cerco sempre di superare la prima idea, di andare oltre.
C'è una cosa che si chiama cinematograficità, tu non sai cos'è ma sai che funziona. Si tratta di spogliarsi di tutte le sovrastrutture mentali, di liberarsi dell'aspetto puramente tecnico. E' difficile mantenere questo approccio man mano che acquisti "mestiere". Io forse ci riesco perchè sono molto intuitivo. E comunque non lavoro tanto, faccio un film all'anno o al massimo due. Penso che lavorare di più non faccia bene all'ispirazione. Esistono le "fabbriche" di colonne sonore, ma finiscono per essere ripetitive...

 

La musica de La guerra di Mario è molto essenziale.

Dopo aver visto il film e il modo di girare di Capuano, ho abbandonato tutto l'arrangiamento possibile ed è rimasto un lavoro quasi esclusivamente pianistico. Non mi tornava metterci altro. Solo alla fine c'è un coro di bambini che è una piccola apertura, con violoncello e controvioloncello.

 

Per quanto riguarda le colonne sonore di altri compositori, cosa ti piace?

A me piacciono tutti i film dove la musica sposta l'immaginario degli spettatori da una cosa all'altra. Uno dei primi film che è riuscito in questo è Il quarto uomo, che a me piace tantissimo. Poi è venuto Ennio Moricone con i film di Sergio Leone. E Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, che io mi riguardo ogni mese e che ha cambiato l'immaginario della gente. E poi Greenaway, i suoi primi due film.
Il mistero dei giardini di Compton House mi ha fatto saltare dalla sedia, ho pensato che lui e Nyman erano due pazzi geniali, e poi c'è stato Zoo di Venere, sempre con questa musica pazzesca. Probabilmente io e altri cento compositori possiamo proporre delle cose al cinema perchè ci sono stati quei due film...

 

Invece un titolo italiano più recente?

L'imbalsamatore con le musiche della Banda Osiris.

 

 

 

 

 
 
 
 
 
 
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