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Speciale del 22 01 2006

 
 
 
 
 
 
 
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Speciale

Strumenti - L'Arco

di Alice Trippolini

Silenzi e musica disturbanti, Kim Ki-Duk non smette di stupire.

L'Arco del dodicesimo film di Kim Ki Duk è uno strumento. Uno strumento musicale, in certi casi, per esempio durante la notte, quando il protagonista suona una melodia tutta sua sul ponte di una barca sperduta in mezzo al mare. Oppure può diventare un'arma, che separa i nemici dall'oggetto di desiderio. Infine, è un mezzo di comunicazione, attraverso cui i due protagonisti interagiscono tra  loro. L'Arco è un film che richiama molto le atmosfere de L'isola e di Primavera, estate, autunno, inverno e ancora primavera: i protagonisti, un anziano pescatore e una ragazzina quindicenne, vivono isolati dal resto del mondo in una barca, in mezzo all'oceano. Il vecchio ha rapito la ragazza da piccola e l'ha cresciuta, protetta da tutto e da tutti, per farne la sua sposa non appena sarà maggiorenne. Per mantenersi, il vecchio ospita dei pescatori occasionali sulla barca, che preleva con un piccolo motoscafo senza che la ragazza si allontani. C'è l'acqua, l'isolamento dalla terra che aumenta il distacco dalla realtà, il silenzio, la pesca e quindi l'amo, feticcio già visto ne L'isola e il contrasto tra gioventù e vecchiaia. Le premesse della trama non sarebbero le migliori, ma il regista ha il tocco magico per descrivere, senza giudizi e moralismi, il rapporto che si è creato tra anziano e ragazzina: piccoli gesti quotidiani, come il bagno e la colazione, ci mostrano un uomo adorante, il cui unico scopo è prendersi cura della giovane.
Il personaggio della ragazzina è forse più misterioso, essendo una specie di musa ispiratrice che riesce a leggere il futuro nelle frecce conficcate sul fianco di un barca. La prima parte del film ci mostra i loro sguardi e i loro ruoli: l'anziano è protettivo e devoto, ma chiuso, la ragazza è fragile e innocente. L'arco che accompagna sempre il pescatore serve a proteggere la ragazza dagli sguardi altrui, a leggere il futuro, a farla sorridere. Sulla barca, la ragazza, bellissima attrice già vista in Samaria dello stesso Kim Ki Duk, è un tocco di colore e luce, con il suo sorriso dolce e irreale. La realtà ovattata della barca viene intaccata dall'arrivo di un giovane che seduce la ragazzina e la allontana dal vecchio. Il personaggio del ragazzo non intacca il rapporto, pur rappresentando una sorta di "coscienza del mondo esterno" che irrompe nell'isolamento. Le sue avvisaglie, il suo pensiero e le sue parole non scalfiscono davvero i silenzi e le abitudini nate e radicate tra il pescatore e la sua promessa sposa. Alla fine, la ragazza sceglie di rimanere dov'è, prendendo parte ad una cerimonia dolce e commovente, che ne sancisce il futuro. Questo ultimo prodotto del regista è forse un po' ridondante rispetto ai precedenti. L'arco è un film troppo ripiegato su se stesso, dove la musica spesso offusca l'immagine e la priva dell'impatto forte che ha nei film precedenti.
Un'osservazione alla trama, più o meno discutibile, trattando di velata pedofilia e di un amore che va oltre le consuetudini. La scena finale, attraverso cui l'arco diventa un tramite per compiere metaforicamente quello che non si può ammettere di aver compiuto, è un po' troppo forte per i gusti personali della recensitrice. Avrei preferito che Kim Ki duk accennasse senza mostrare, presentasse senza svelare il suo assenso ad un tipo di rapporto difficile da concepire. Almeno per me. La poesia che pervade il film e che lo rende comunque un'opera vera e misteriosa, si perde un po' nella fine. A parte questo, un dodicesimo film di tutto rispetto. Soprattutto, considerando che l'arco è il vero protagonista e portavoce dell'autore.

 
 
 
 
 
 
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