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Intervista

Speciale del 06 12 2005

 
 
 
 
 
 
 
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Speciale

Incontro con Fausto Paravidino

di Alice Trippolini

Incontriamo Fausto Paravidino nell'atrio del bar che sta sotto il più indipendente e disagiato cinema di Perugia. In programmazione c'è Texas, primo film di Paravidino che è qui per promuovere l'opera. Il regista e attore è insieme all'amica e attrice Iris Fusetti che ha collaborato a sceneggiare Texas e che recita nel film. Paravidino è anche attore, dicevamo: nel cinema ha recitato in Vuoti a perdere di Massimo Costa, La via degli angeli di Pupi Avati, e Il partigiano Johnny di Guido Chiesa. Il suo lavoro è però maggiore come scrittore e regista di commedie: ne ha scritte sette, tra cui 2 Fratelli (1998) premio "Tondelli" di Riccione teatro. Sono le dieci di sera, il film sta per finire e al termine regista e attrice dovranno rispondere ad eventuali domande del pubblico e tenere un breve dibattito. C'è poco tempo e la situazione non è delle migliori per sentirsi a proprio agio e impostare una riflessione. Io e il "vero" critico accanto a me abbiamo solo qualche domanda veloce. I due sono imbarazzati, timidi e incredibilmente simili ai personaggi interpretati nel film. Sembrano appena usciti dalla provincia piemontese di cui si parla in Texas. Quindi, il dubbio che la recitazione fosse stata un po' troppo enfatizzata e la mimica troppo inverosimile, è spazzato via. Fausto Paravidino è proprio così, non finge e non si autoelogia, ma anzi si imbarazza parlando del suo lavoro e del percorso artistico che lo ha portato fin qua. Anche Iris Fusetti, che ha la stessa espressione stupita del personaggio di Cinzia, è gentile e disponibile, appena un po' assente.

 

Fausto, si parla di te come di una giovane promessa, come vivi questa definizione?

Paravidino: Sono otto anni che lavoro come regista, scrivendo commedie e adattandole. Questa definizione mi mette in panico, perché significa che sono otto anni che prometto e tutti stanno aspettando che io mantenga le promesse. Un po' impegnativo per me, non so se riuscirò mai a mantenere tutte le promesse che ho fatto.

 

Perché hai deciso di raccontare questa provincia e perché appunto, il Texas?

P.: Abbiamo voluto mettere una cornice in un paesaggio non ancora incorniciato da nessuno in Italia. In queste zone sono cambiate molte cose, ma nessuno se ne rende conto fino in fondo. Si parla tanto di globalizzazione, ma in realtà non c'è una vera globalizzazione. Non parliamo tutti gli uni con gli altri, non c'è una comunicazione globale. C'è solo un modo di vivere comune, quello americano, che è stato esportato dappertutto e che appartiene a tutti. Le zone di provincia, che non sono ancora integrate con questo modo di vivere, si trovano spiazzate, a metà tra un passato di cui non sono più eredi e un presente che non gli appartiene.

 

Che peso ha avuto nel film un'attrice come Valeria Golino? Il suo ruolo è stato ampliato?

P.: Il personaggio scelto da Valeria era già delineato così come si vede nella sceneggiatura di base. Non è stato ampliato perché interpretato da un'attrice più famosa degli altri. Comunque è difficile, a posteriori, stabilire che peso ha avuto un attore nel corso della lavorazione. Molti aspetti vengono modificati o aggiunti durante le riprese sulla base di suggerimenti dell'attore che interpreta un personaggio. Si valuta insieme e capita che un attore influenzi il personaggio che interpreta. In questo caso, il nome di Valeria Golino mi era stato suggerito da Domenico Procacci, che aveva lavorato bene con lei. Le abbiamo fatto leggere la sceneggiatura e Valeria ha accettato, ma non ha preteso maggiore peso nel progetto. Più difficile è stato scegliere l'attore che avrebbe dovuto impersonare Gianluca, che nel film è interpretato da Riccardo Scamarcio. Ci sono voluti sei mesi di casting, abbiamo fatto i provini a tutti i giovani attori emergenti del cinema italiano. Riccardo aveva fatto tre provini ed era quello che ci piaceva più degli altri, quindi alla fine abbiamo scelto lui.

 

Iris Fusetti, come è stato per te collaborare per la prima volta ad una sceneggiatura?

Iris Fusetti: Un'esperienza nuova, che mi è piaciuta moltissimo. Non avevo mai scritto niente prima, né un diario, né un racconto, niente di niente. In questo caso la sceneggiatura è stata scritta a sei mani, da me, Fausto e Carlo. Scrivere Texas è stata un'esperienza collettiva che non potrei ripetere da sola, ma sono stata molto soddisfatta di aver scoperto di avere un talento in più. Sono abituata a raccontare le emozioni attraverso la recitazione, qui è stato diverso, ho trovato il modo di esprimermi scrivendo. Non so se continuerò nella scrittura.

 

Cosa puoi dirci delle citazioni cinematografiche in Texas, sia nella forma che nei contenuti?

I riferimenti sono di due tipi, sia nel modo di raccontare che nella forma di alcune inquadrature e soprattutto alcuni riferimenti sono voluti, altri sono casuali. La verità è che mentre giri un film, specialmente agli esordi, non hai il tempo materiale di inventare qualcosa e invariabilmente ti trovi a ripetere cose che conosci perché le hai viste da qualcun altro. Alcune inquadrature naturalistiche di Texas ricordano Hopper, ma non me ne sono accorto in fase di scrittura. Oppure, quando nel film torniamo a casa in auto, i fari che illuminano la strada sembrano richiamare Linch. Sintetizzare i ricordi con la voce narrante è un richiamo ad Amarcord di Fellini, ma in realtà io non so distinguere tra citazioni volute o meno. So che la scelta di un'inquadratura piuttosto che un'altra, deriva da quello che ricordo di aver visto e che mi è piaciuto. Una sorta di citazionismo involontario.

 

Perché alla fine di Texas la tragedia non si compie? Era già deciso nella sceneggiatura?

La scelta che abbiamo fatto nel film era di andare oltre e raccontare i personaggi, che spesso non vanno fino in fondo nella realtà. Per quanto riguarda il finale, è un omaggio a Checov, che mette un fucile in scena e non lo fa sparare. Anche io ho voluto mettere in scena una pistola che alla fine non spara, perché i personaggi che voglio raccontare non sono quelli che finiscono sul giornale, ma quelli che nessuno conosce. Se non li raccontiamo noi, non li racconta nessuno perché non fanno sensazione. Eppure vivono drammi tremendi, come si vede nel film. Invece, paradossalmente, sono stato attaccato dalla stampa locale per il quadro che avevo tracciato dei giovani di provincia. Tante signore hanno scritto ai giornali dicendo che non mi dovevo permettere, che ero io a frequentare gente di questo tipo e che i loro figli non erano così. Mi è venuto il dubbio che i loro figli fossero anche peggio di quelli che ho raccontato io.

 
 
 
 
 
 
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Commenti
 

I lettori hanno scritto 5 commenti

 
 
utente
Luigi
  • indirizzo IP 151.52.6.181
  • data e ora Giovedì 08 Dicembre 2005 [0:44]
  • commento Il Paravidino comunque sta facendo strage di cuori, le lettrici cadono come mosche ammaliate dal suo fascino imberbe. :)
 
 
 
 
 
utente
alice
  • indirizzo IP 82.51.125.173
  • data e ora Giovedì 08 Dicembre 2005 [18:42]
  • commento Ma dici? Da vicino non è che sia poi così fascinoso, ma anche da lontano... però è intelligente e sembra sempre sotto effetto di stupefacenti
 
 
 
 
 
utente
Luigi
  • indirizzo IP 151.52.75.191
  • data e ora Giovedì 08 Dicembre 2005 [18:44]
  • commento Ehi, a me il tipo ragazzino / pulitino / capellosbarazzino non causa turbamenti, tuttavia ti giuro che ho amiche impegnate nello sbavare sul Paravidino :)
 
 
 
 
 
utente
alice
  • indirizzo IP 82.48.139.100
  • data e ora Venerdì 09 Dicembre 2005 [15:51]
  • commento Ora che ci penso dimostrare 16 anni e aver già diretto commedie e film fa un certo effetto. Meglio di Hilary Duff, accidenti
 
 
 
 
 
utente
Martina
  • indirizzo IP 81.208.36.93
  • data e ora Sabato 03 Giugno 2006 [11:17]
  • commento Tra qualche giorno vedrò il beneamato di persona, ma non credo che sia un personaggio da venerare o guardare con occhi sognanti. é un Professionista che ha fatto sentire molto presto le sua voce!
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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