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Rubrica pubblicata il 17 01 2012
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Nuova trilogia Millennium made in Usa, ad Hollywood c'è crisi di originalità?
di Keivan Karimi
Il 3 febbraio prossimo nelle nostre sale cinematografiche verrà distribuito l'ultimo film di David Fincher, The girl with the dragon tattoo, con protagonista lo 007 Daniel Craig.
Dagli Usa fanno sapere che il regista di capolavori come Seven o The Social network ha sfornato un'ulteriore pellicola degna di nota, addirittura in odore di premio Oscar. E' indiscutibile che Fincher sia uno dei migliori autori del momento oltreoceano, ma è altrettanto insindacabile il fatto che ad Hollywood sceneggiatori e registi stiano attraversando un momento di crisi di originalità e di idee. Il film in questione non è altro che il remake del primo capitolo della trilogia Millennium, dell'autore svedese Stieg Larsson, già portato nelle sale tre anni fa da Niels Oplev con il titolo di Uomini che odiano le donne, operazione che ha dato il là al trittico cinematografico di origine scandinava che ha portato di conseguenza al successo la nuova stella Noomi Rapace.
Si tratta dunque di un altro caso di remake made in Usa che riprende opere di origine europea, col tentativo di impreziosire il prodotto grazie a tecniche grafiche e spettacolari maggiormente avanzate e soprattutto con l'ausilio di un cast di attori di livello internazionale. L'esempio più recente di “copia” del cinema statunitense ai danni di un film del vecchio continente è rappresentato dal rifacimento di Lasciami entrare, altra pellicola svedese che ha ottenuto grande successo di critica nelle rassegne in cui è stato presentato; la storia noir dell'amicizia particolare tra un oppresso e sfortunato bambino con una giovane vampira è stata poi riproposta un paio di anni dopo in un'ambientazione Usa ed in una salsa maggiormente splatter e commerciale, sinceramente poco attinente con le atmosfere e l'interiorità dell'originale girato nella fredda e notturna Svezia.
Pare proprio che le majors americane abbiano puntato gli occhi sulle produzioni nordeuropee negli ultimi tempi, con la forte tendenza di riproporre in uno stile più visibile al grande pubblico i migliori prodotti provenienti da Svezia, Danimarca e Norvegia. Una tendenza che però alimenta il sintomo di una pochezza creativa indiscutibile ed a tratti preoccupante, visto che ad Hollywood negli ultimi tempi si è puntato soprattutto su sequel, prequel ed adattamenti piuttosto che trovare nuovi script originali e di possibile successo.
The girl with the dragon tattoo ha una particolarità in tal merito: Fincher lo ha girato nelle stesse location utilizzate per la pellicola originale, tra Scandinavia e Montreal, città quest'ultima giudicata ideale per raffigurare alla perfezione lo stile noir della storia. Certamente l'effetto macabro ed oscuro che il regista americano ha creato per questo remake non sarà poi così lontano da quello descritto nei romanzi di Larsson, vista la predilezione di Fincher nella narrazione di storie piuttosto nere e drammatiche, quindi la scelta di affidare la pellicola a lui probabilmente è azzeccata e giusta. Ciò che è più discutibile è quanto i produttori di Hollywood vogliano strappare all'originalità ed alla creatività degli europei provando ad intensificare le copie con le strategie commerciali ed economiche che solo loro possono permettersi. Fondamentalmente neanche la trilogia originale che ha lanciato il personaggio controverso di Lisbeth Salander può essere considerata un capolavoro cinematografico, cade spesso nella pecca di attaccarsi ad un'estetica esageratamente oscura e mortifera, non mantiene la leggerezza di intenti e di azione tipica del cinema dominato da grandi autori del passato, come Ingmar Bergman e Lars von Trier. E' probabile che il nuovo film made in Usa sia addirittura migliore dal punto di vista tecnico e stilistico, ma la questione ad Hollywood, a prescindere dai successi di botteghino, sarà sempre la stessa: dov'è finita l'originalità?
Dagli Usa fanno sapere che il regista di capolavori come Seven o The Social network ha sfornato un'ulteriore pellicola degna di nota, addirittura in odore di premio Oscar. E' indiscutibile che Fincher sia uno dei migliori autori del momento oltreoceano, ma è altrettanto insindacabile il fatto che ad Hollywood sceneggiatori e registi stiano attraversando un momento di crisi di originalità e di idee. Il film in questione non è altro che il remake del primo capitolo della trilogia Millennium, dell'autore svedese Stieg Larsson, già portato nelle sale tre anni fa da Niels Oplev con il titolo di Uomini che odiano le donne, operazione che ha dato il là al trittico cinematografico di origine scandinava che ha portato di conseguenza al successo la nuova stella Noomi Rapace.
Si tratta dunque di un altro caso di remake made in Usa che riprende opere di origine europea, col tentativo di impreziosire il prodotto grazie a tecniche grafiche e spettacolari maggiormente avanzate e soprattutto con l'ausilio di un cast di attori di livello internazionale. L'esempio più recente di “copia” del cinema statunitense ai danni di un film del vecchio continente è rappresentato dal rifacimento di Lasciami entrare, altra pellicola svedese che ha ottenuto grande successo di critica nelle rassegne in cui è stato presentato; la storia noir dell'amicizia particolare tra un oppresso e sfortunato bambino con una giovane vampira è stata poi riproposta un paio di anni dopo in un'ambientazione Usa ed in una salsa maggiormente splatter e commerciale, sinceramente poco attinente con le atmosfere e l'interiorità dell'originale girato nella fredda e notturna Svezia.
Pare proprio che le majors americane abbiano puntato gli occhi sulle produzioni nordeuropee negli ultimi tempi, con la forte tendenza di riproporre in uno stile più visibile al grande pubblico i migliori prodotti provenienti da Svezia, Danimarca e Norvegia. Una tendenza che però alimenta il sintomo di una pochezza creativa indiscutibile ed a tratti preoccupante, visto che ad Hollywood negli ultimi tempi si è puntato soprattutto su sequel, prequel ed adattamenti piuttosto che trovare nuovi script originali e di possibile successo.
The girl with the dragon tattoo ha una particolarità in tal merito: Fincher lo ha girato nelle stesse location utilizzate per la pellicola originale, tra Scandinavia e Montreal, città quest'ultima giudicata ideale per raffigurare alla perfezione lo stile noir della storia. Certamente l'effetto macabro ed oscuro che il regista americano ha creato per questo remake non sarà poi così lontano da quello descritto nei romanzi di Larsson, vista la predilezione di Fincher nella narrazione di storie piuttosto nere e drammatiche, quindi la scelta di affidare la pellicola a lui probabilmente è azzeccata e giusta. Ciò che è più discutibile è quanto i produttori di Hollywood vogliano strappare all'originalità ed alla creatività degli europei provando ad intensificare le copie con le strategie commerciali ed economiche che solo loro possono permettersi. Fondamentalmente neanche la trilogia originale che ha lanciato il personaggio controverso di Lisbeth Salander può essere considerata un capolavoro cinematografico, cade spesso nella pecca di attaccarsi ad un'estetica esageratamente oscura e mortifera, non mantiene la leggerezza di intenti e di azione tipica del cinema dominato da grandi autori del passato, come Ingmar Bergman e Lars von Trier. E' probabile che il nuovo film made in Usa sia addirittura migliore dal punto di vista tecnico e stilistico, ma la questione ad Hollywood, a prescindere dai successi di botteghino, sarà sempre la stessa: dov'è finita l'originalità?
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