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Rubrica pubblicata il 10 01 2012
Questa Rubrica è stata letta 2245 volte
Da Cortina a Cortina, il cinepanettone si infrange tra le Alpi
di Keivan Karimi
Il fenomeno del cinepanettone natalizio ha fatto il suo giro, e forse anche il suo tempo.
Venerdì 16 dicembre è uscito nelle sale l'ennesimo capitolo della banda De Sica-Neri Parenti, i quali, in mancanza di idee per ulteriori mete turistiche assurde dove mandare la carovana di personaggi stereotipi e burleschi si sono rifugiati in un'idea quantomeno nostalgica e tenera nelle aspettative. Si torna a Cortina d'Ampezzo, in Veneto, in territorio italico, proprio lì dove nel 1983 i fratelli Carlo ed Enrico Vanzina si inventarono il primogenito di quello che poi progressivamente è divenuto un sottogenere di assoluto culto e tradizione per lo spettatore medio italiano.
Proprio la collaborazione dei Vanzina con l'ormai regista-autore storico Neri Parenti doveva essere l'arma in più per un ritorno in grande stile del cinepanettone, che ha provato dunque ad allontanarsi da quell'atmosfera irreale e sovraeccitata dei capitoli precedenti, quando De Sica, Ghini ed altri scapestrati rappresentati dell'altissima borghesia nostrana si godevano feste, infedeltà, lussi vari al sole dei Caraibi, in Sudafrica o a Beverly Hills. L'idea è quella di portare il gruppone, un po' rinnovato rispetto alle ultime uscite, in una tipica località delle Alpi, come Cortina per l'appunto, e fare satira a gò-gò, a stuzzicare lo spettatore sui costi elevati, sulle contraddizioni socio-economiche e sulle ricchezze ingiuste ed immeritate.
C'è l'episodio dello spaesato Ricky Memphis, romano “alla buona” che con la moglie è costretto alla vacanza dai costi spasmodici e rappresenta l'italiano medio nel mezzo della crisi che diventa un moscerino nei confronti della vita d'alta classe.
Fare paragoni e parallelismi col Vacanze di Natale dell'83 è pressochè impossibile. Ciò che rimane è qualche nostalgico e patetico brano della medesima colonna sonora riproposto senza infamia e senza lode anche quest'anno e il nome del personaggio di Christian de Sica, per l'appunto Roberto Covelli. Ma dietro c'era tutta un'altra storia; c'era un'Italia che cominciava a volersi distrarre dalle commedie impegnate, c'erano i primi folli geni della comicità televisiva, c'erano i caratteristi di altissimo lignaggio, dal Dogui Guido Nicheli al romanissimo Mario Brega.
Era sì anche quello un esperimento-polpettone, un'unione di musiche, gags, battute, frasi storiche e citazionismo da 4 soldi, ma funzionava, sia perché era una novità assoluta, sia perché rappresentava in maniera mirata i tipi sociali italiani. Era il periodo in cui un giovane e belloccio Claudio Amendola poteva rappresentare con merito il ragazzotto della periferia romana, un torpigna, che sognava amicizie e amori di un ceto migliore, così come l'irriverenza dello sciupafemmine Jerry Calà era credibile e assolutamente in linea con gli standard della comicità di inizio anni '80, quella del ritorno in auge del cabaret e di Drive In; le contrapposizioni tra ricchi e meno abbienti erano abbinate con cura e con una simpatia nuova e non volgare.
Non che Vacanze di Natale a Cortina sia un film rozzo e becero, anzi, ma in questo giro di ben ventotto anni tra il primo e l'ultimo cinepanettone si è passati per volgarità infinite, per idee caustiche e senza senso, a sceneggiature vuote e ripetitive. Quella che il teorico di cinema contemporaneo Alan O'Leary ha definito “una materia di studio fenomenologico” sembra stia vivendo un momento di crisi, il botteghino del primo week-end ha parlato chiaro, il cinepanettone di Neri Parenti si è piazzato quarto in classifica al box-office dietro a pellicole sì, di tutto rispetto, ma comunque non masterpieces per via delle quali perire inesorabilmente.
Quest'ultimo prodotto natalizio può in effetti risultare uno strano ibrido, un'operazione a metà strada tra l'amarcord per il primo, caro, vecchio Vacanze di Natale e gli ultimi goffi ed ingordi prodotti targati Filmauro.
Christian De Sica, l'unico superstite del film del 1983, ad esempio non rispetta lo stile, la vecchia maniera del primitivo cinepanettone, anzi il suo mini-episodio è forse il più volgarotto, il meno sofisticato (se di sofisticatezza possiamo parlare). De Sica si è auto-ritirato dalla competizione e dai paragoni con l'83, non i Vanzina, che provano a riproporre certi schemi, ma non hanno contesto, attori e modi per farlo come una volta.
Vacanze di Natale a Cortina risulta una commedia più leggera di quanto si potesse pensare, più fruibile per chi non sopporta l'ironia esagitata degli ultimi cinepanettoni, ma totalmente vuota, priva di contenuti, è come se le sceneggiature ripetitive degli ultimi tempi si fossero esaurite e sia rimasta solo una punteggiatura scarna. Pare proprio che quest'anno il ritorno alle Alpi della banda De Sica raffiguri il declino di un filone cinematografico che, nel bene e nel male, ha raccolto tanta attenzione per due decenni.
Venerdì 16 dicembre è uscito nelle sale l'ennesimo capitolo della banda De Sica-Neri Parenti, i quali, in mancanza di idee per ulteriori mete turistiche assurde dove mandare la carovana di personaggi stereotipi e burleschi si sono rifugiati in un'idea quantomeno nostalgica e tenera nelle aspettative. Si torna a Cortina d'Ampezzo, in Veneto, in territorio italico, proprio lì dove nel 1983 i fratelli Carlo ed Enrico Vanzina si inventarono il primogenito di quello che poi progressivamente è divenuto un sottogenere di assoluto culto e tradizione per lo spettatore medio italiano.
Proprio la collaborazione dei Vanzina con l'ormai regista-autore storico Neri Parenti doveva essere l'arma in più per un ritorno in grande stile del cinepanettone, che ha provato dunque ad allontanarsi da quell'atmosfera irreale e sovraeccitata dei capitoli precedenti, quando De Sica, Ghini ed altri scapestrati rappresentati dell'altissima borghesia nostrana si godevano feste, infedeltà, lussi vari al sole dei Caraibi, in Sudafrica o a Beverly Hills. L'idea è quella di portare il gruppone, un po' rinnovato rispetto alle ultime uscite, in una tipica località delle Alpi, come Cortina per l'appunto, e fare satira a gò-gò, a stuzzicare lo spettatore sui costi elevati, sulle contraddizioni socio-economiche e sulle ricchezze ingiuste ed immeritate.
C'è l'episodio dello spaesato Ricky Memphis, romano “alla buona” che con la moglie è costretto alla vacanza dai costi spasmodici e rappresenta l'italiano medio nel mezzo della crisi che diventa un moscerino nei confronti della vita d'alta classe.
Fare paragoni e parallelismi col Vacanze di Natale dell'83 è pressochè impossibile. Ciò che rimane è qualche nostalgico e patetico brano della medesima colonna sonora riproposto senza infamia e senza lode anche quest'anno e il nome del personaggio di Christian de Sica, per l'appunto Roberto Covelli. Ma dietro c'era tutta un'altra storia; c'era un'Italia che cominciava a volersi distrarre dalle commedie impegnate, c'erano i primi folli geni della comicità televisiva, c'erano i caratteristi di altissimo lignaggio, dal Dogui Guido Nicheli al romanissimo Mario Brega.
Era sì anche quello un esperimento-polpettone, un'unione di musiche, gags, battute, frasi storiche e citazionismo da 4 soldi, ma funzionava, sia perché era una novità assoluta, sia perché rappresentava in maniera mirata i tipi sociali italiani. Era il periodo in cui un giovane e belloccio Claudio Amendola poteva rappresentare con merito il ragazzotto della periferia romana, un torpigna, che sognava amicizie e amori di un ceto migliore, così come l'irriverenza dello sciupafemmine Jerry Calà era credibile e assolutamente in linea con gli standard della comicità di inizio anni '80, quella del ritorno in auge del cabaret e di Drive In; le contrapposizioni tra ricchi e meno abbienti erano abbinate con cura e con una simpatia nuova e non volgare.
Non che Vacanze di Natale a Cortina sia un film rozzo e becero, anzi, ma in questo giro di ben ventotto anni tra il primo e l'ultimo cinepanettone si è passati per volgarità infinite, per idee caustiche e senza senso, a sceneggiature vuote e ripetitive. Quella che il teorico di cinema contemporaneo Alan O'Leary ha definito “una materia di studio fenomenologico” sembra stia vivendo un momento di crisi, il botteghino del primo week-end ha parlato chiaro, il cinepanettone di Neri Parenti si è piazzato quarto in classifica al box-office dietro a pellicole sì, di tutto rispetto, ma comunque non masterpieces per via delle quali perire inesorabilmente.
Quest'ultimo prodotto natalizio può in effetti risultare uno strano ibrido, un'operazione a metà strada tra l'amarcord per il primo, caro, vecchio Vacanze di Natale e gli ultimi goffi ed ingordi prodotti targati Filmauro.
Christian De Sica, l'unico superstite del film del 1983, ad esempio non rispetta lo stile, la vecchia maniera del primitivo cinepanettone, anzi il suo mini-episodio è forse il più volgarotto, il meno sofisticato (se di sofisticatezza possiamo parlare). De Sica si è auto-ritirato dalla competizione e dai paragoni con l'83, non i Vanzina, che provano a riproporre certi schemi, ma non hanno contesto, attori e modi per farlo come una volta.
Vacanze di Natale a Cortina risulta una commedia più leggera di quanto si potesse pensare, più fruibile per chi non sopporta l'ironia esagitata degli ultimi cinepanettoni, ma totalmente vuota, priva di contenuti, è come se le sceneggiature ripetitive degli ultimi tempi si fossero esaurite e sia rimasta solo una punteggiatura scarna. Pare proprio che quest'anno il ritorno alle Alpi della banda De Sica raffiguri il declino di un filone cinematografico che, nel bene e nel male, ha raccolto tanta attenzione per due decenni.
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