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Rubrica del 21 01 2008

 
 
 
 
 
 
 
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Rubrica

Walser, questi sconosciuti…

di Carlo Griseri

"L'anima - secondo me - di questo film è l'impossibilità di un popolo di farsi assorbire da un altro popolo, cambiando tutte le proprie tradizioni. (…) Questo è un evento che non può accadere. (…) Non si può americanizzare il mondo, come non si è potuto italianizzare i walser" (Silvano Agosti, scrittore e cineasta)

E' da questa riflessione, diventata esigenza di raccontare, che prende vita Cuore Walser, di Alberto Cicala, docu, un progetto sicuramente interessante, soprattutto nella sua struttura: è un documentario, come si evince facilmente dal titolo, ma è in parte anche fiction. Partiamo dalla Storia: i walser, popolazione di origine germanica migrata nel 1200 dalla Svizzera e dalla Germania, si situarono in Nord Italia a quote così elevate da risultare - a quei tempi - invivibili per le popolazioni locali. Oggi questa comunità è composta da circa 3500 persone distribuite tra il Piemonte e la Valle d'Aosta. Il nucleo vitale del documentario sono alcune interviste con anziani del luogo, ultimi figli di walser dislocati in diverse frazioni dell'alta Valsesia, sugli usi e costumi della cultura walser e sui loro ricordi di bambini, racconti dai quali traspare una forte nostalgia, mista ad orgoglio, per la loro tradizione religiosa e fiera della propria unicità. Le conversazioni sono alternate a estratti di Cuore Walser, il film, altro lavoro scritto e diretto da Cicala, attualmente in produzione tra la Valsesia e la Val Strona.

Quest'ultimo progetto, che si dovrebbe concludere entro il 2008, ha ottenuto il riconoscimento dell'interesse culturale da parte del Ministero per i beni e le attività culturali - Direzione generale per il cinema. Al centro del film la storia di Magdalena, l'ultima walser, della sua infanzia e del suo matrimonio, del suo rapporto con il padre e della scoperta della stregoneria. Nei programmi del suo autore, Cuore Walser avrebbe dovuto essere un unico lavoro, interamente di fiction, ma alcuni problemi in fase produttiva - principalmente di carattere finanziario - hanno permesso la realizzazione solo di alcune scene, attorno alle quali sono state inserite le interviste. Grazie all'intervento ministeriale, il film potrà finalmente essere completato. Proprio nella struttura originale di questo "docu" risiede anche il suo principale difetto: il difficile equilibrio - di ritmo e di significato - tra le parti di documentario e le parti di fiction (che nel finale prendono decisamente il sopravvento) viene, di fatto, raggiunto solo a tratti. In particolare le interviste non riescono ad essere esaustive dell'argomento: la comunità oggetto del lavoro risulta poco conosciuta anche alla fine della visione, e troppe domande, che nascono spontanee durante la visione, rimangono senza esaurienti risposte.

Poco convincente anche l'uso dei sottotitoli, che vanno e vengono nelle parti parlate in tedesco e in titzschu (il dialetto parlato dalla comunità) e che contribuiscono a minare l'unitarietà del lavoro non essendo uniformi nei tratti come nei colori, un eccessivo utilizzo dell'effetto rallentatore (dovuto, come dichiarato dallo stesso Cicala, al passaggio dai 24 fotogrammi del girato ai 25 della versione dvd) e primi piani troppo ravvicinati nelle interviste (ma questo, lo ammetto, è un giudizio puramente soggettivo). La qualità della recitazione nella parte di fiction non è a livelli professionali, ma questo è un problema arginato dalla scelta di una sceneggiatura poco parlata. Tra i pregi sicuramente da ricordare, le riprese degli straordinari panorami dell'alta Valsesia (a cui il regista ha anche dedicato due portali internet per la promozione del territorio) che fanno da cornice alla storia della comunità di origine germanica. Oltre a questo valore estetico, la pellicola merita però attenzione e rispetto anche per il coraggio dimostrato, per l'originalità e importanza dell'argomento trattato, per la sua unicità nel panorama delle produzioni indipendenti italiane e - vista l'attenzione programmatica accordatale - per la colonna sonora. Forse un po' troppo "piena" e presente in alcuni momenti - dove amplifica semplicemente sensazioni già trasmesse dalle immagini, a loro discapito - la musica si rivela efficace e suggestiva soprattutto nei momenti corali, che invece creano dal nulla il senso di profonda sacralità e solennità che si vuole distintivo del mondo sopravvissuto dei walser, aggiungendo spessore alla comunicazione visiva.  

Il novarese Alberto Cicala, fin dagli anni '70 attivo nel mondo della televisione e delle produzioni video, si è impegnato nella carriera di sceneggiatore e regista cinematografico negli ultimi anni. Il lago di Rodari, Un artista africano nei musei di Torino, Desiderio lontano di un artista e One way from Africa (proiettato alla prima edizione della Festa del Cinema di Roma) sono i titoli dei suoi lavori precedenti.
 
 
 
 
 
 
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