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Lodi Città Film Festival 2006
Riceviamo e pubblichiamo:
Il presente cinematografico italiano pare non suggerire niente di buono. Tra le campane battute a morto e le dichiarazioni d'amore verso il nostro cinema ("
è il più bello del mondo", detto forse aprendo un solo occhio sul passato, mentre con l'altro
) si slargano i tanti e troppi proclami e manifesti individuali o di associazione. Ognuno a suggerire la propria ricetta di risanamento e di rilancio. Taglio: mai, però tutti insieme a tirare una linea comune. Con questo, non desidero dilungarmi più di tanto sui meccanismi e le bizzarre alchimie che governano e muovono il sistema "Cinema, Italia"; preferisco chiamare a raccolta e mettere all'ordine del giorno dell'ottava edizione del Lodi Città Film Festival, ciò che scrisse a metà anni sessanta la raffinata critica d'arti visive Giulia Veronesi, che oggi avrebbe cento anni (uno dei tanti centenari, anche dimenticati, di questo duemilasei):
"C'è tempo a ragionarne, poiché le intenzioni e i gesti non bastano, né tantomeno le riesumazioni e i revivals. Occorrono le opere, occorre che le insofferenze e le critiche e le parole diventino, fatti, vita.".
Dunque siano le opere - in parola: i film - ad essere messe in condizione di essere viste. L'ossatura orizzontale del festival allinea, nella sezione "Contemporanea - il cinema italiano del presente" e su due ipotetiche fasce di prima e seconda serata, alcuni dei film che in questa stagione hanno esplorato soluzioni estetiche e commerciali inedite: uso cinematografico della storia; no-fiction di genere; opere prime e seconde; teatro al cinema e cinema al teatro; teatro televisivo; variazione di formati, supporti e durata; uscita direttamente in dvd; larga distribuzione e edicola; autopromozione e film a basso costo. In quest'ultima prospettiva è inquadrato il recupero del cinema di Michele Gandin. Quindi, corro ai film di Giovanni Davide Maderna, di Marina Spada, di Vincenzo Marra, eletti ambasciatori del nostro cinema in tanti festival (Locarno, Venezia, Toronto); arrivo ai film di Carlo Sigon, Eros Puglielli, Alex Infascelli, Manetti bros, che cercano una lingua del cinema, provando sulla: letteratura di genere, musica, televisione, psicanalisi, azione, forma, strutturalismo. Insomma, sembra questo il tentativo di riconciliarsi con una contemporaneità frenata in Italia dall'incomprensione del post-moderno. Poi, lego per generazione Romano Scavolini e Franco Battiato, due cineasti che partiti da esperienze underground nei tardi anni sessanta sono approdati per vie diverse (soprattutto per Battiato: la musica e il successo commerciale degli anni ottanta) ad un cinema assolutamente personale. Ancora, propongo Il vizio dell'amore di Gabriele Romagnoli, Mariano Cirino e Valia Santella (un'antologia allestita dagli autori), interessante ricognizione sull'universo femminile nazionale (oltre che sublime banco di prova interpretativo - sono monologhi - delle nostre migliori attrici) che ha consentito la "riscoperta" di un film, ideato da Cesare Zavattini e tratto da una celebre inchiesta degli anni sessanta, come Le italiane e l'amore. Questo film introduce nella sezione una terza fascia, verticale e ancor più legata al tempo, che allarga il "presente" ad un tempo televisivo che rende "contemporaneo" il passato, per l'appunto le cosidette riscoperte: I due Kennedy di Gianni Bisiach, Banana Republic di Ottavio Fabbri, Benito Mussolini di Pasquale Prunas, Anima nera di Rossella Falk e Stefano Roncoroni. Tale chiave consente anche la proposta di due titoli di Enzo Trapani, geniale regista televisivo, con però un background cinematografico di non poco conto: W la rivista! e W il cinema!.
Anima nera, oltre ad essere una commedia di Giuseppe Patroni Griffi è anche un titolo rosselliniano. Proprio Rossellini e Visconti e Soldati costituiscono il trio centenario dell'anno in corso. Il nostro omaggio è affidato a tre percorsi: rossellinidazeroauno, ledonnedivisconti, soldatigirafogazzaro. Il gioco degli anniversari continua con Pasolini: un anno dopo
(1976-2006) ripreso in chiave postuma e profetica avendo come nucleo sul quale far girare l'omaggio, Salò o le 120 giornate di Sodoma. In ultimo, si è lasciata la retrospettiva: Adolfo Celi regista. Celi è stato attore di fama internazionale e regista di soli tre film, due d'ambito brasiliano e l'ultimo in compagnia degli amici Gassman e Lucignani a rammentare "il tempo che fu". Ad accompagnare la retrospettiva sarà il figlio Leonardo con il documentario Adolfo Celi un uomo per due culture.
Buio in sala
Ottobre 2006 Fabio Francione
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