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libera critica cinematografica

 
 
 
 
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Locandina
 
 
 
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Trama

Ann, George e Georgie nella casa delle vacanze si imbattono in alcuni ragazzi molto molto violenti.

 
 
 
 
 
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Voti

Il voto del redattore

  • voto
  • 3/5
  • valutazione
  • Per chi ama il genere una pellicola da non perdere.
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Info

Funny Games

di Michael Haneke

 
    Dati
  • Titolo originale: Funny Games
  • Soggetto: Michael Haneke
  • Sceneggiatura: Michael Haneke
  • Genere: Giallo - Thriller
  • Durata: 111 min.
     
  • Nazionalità: USA, UK, Francia
  • Anno: 2007
  • Produzione: Celluloid Dreams, Celluloid Nightmares, Dreamachine, Halcyon Pictures, Tartan Films, X Filme International
  • Distribuzione: Lucky Red
  • Data di uscita: 11 07 2008
 
 
 
 
 
 
 
 
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Recensione

Funny games - quanto ci piace la violenza

di Roberta Folatti

Quando in un tranquillo (e privilegiato) menage familiare irrompe l'imprevisto. L'imprevisto sotto forma di violenza. Insensata, sadica, mascherata da un formalismo d'altri tempi e una gentilezza svenevole. Il remake di Funny games è un pugno nello stomaco, come lo era stata la versione originale, divenuta una specie di cult per gli appassionati. Certo l'operazione di rifare un film con precisione millimetrica, utilizzando le medesime inquadrature può lasciare perplessi. Eppure per il regista Michael Haneke si è trattato di una "sfida personale". Il primo Funny games era stato girato pensando al pubblico americano perchè conteneva un messaggio contro un certo tipo di violenza, però non era mai arrivato veramente nelle sale statunitensi, se non in qualcuna d'essai. Così Haneke ha colto al volo l'opportunità di girarlo di nuovo, in inglese e con un cast più internazionale. Anche il "packaging" è decisamente più accattivante visto che viene pubblicizzato come il ritorno di Arancia meccanica.

L'obiettivo dichiarato del regista è quello di "mostrare la violenza per come essa è davvero: una cosa difficile da mandar giù. Mostrare la realtà della violenza, il dolore, le ferite inflitte da un essere umano a un altro". In Funny games ad infliggere ferite sono due strani figuri in guanti bianchi, giovani e dall'aria inquietante, a subirle le ignare famiglie che trascorrono le vacanze in riva a un lago, una in particolare. In successione vengono sconvolte dai giochi crudeli messi in atto dai due melliflui individui, che prima di condannare a morte le vittime designate, si intrattengono con loro in assurdi convenevoli. Tutto è avvolto in una strana atmosfera, un'aria di allucinazione, di brutto sogno da cui da principio si cova l'illusione di potersi risvegliare. Ma diventa chiaro ben presto che non esiste via di scampo, è il regista stesso a non concedere possibilità di salvezza... Quando una delle vittime prova, in un estremo tentativo, a reagire colpendo con due fucilate il torturatore ebete, l'altro - il più sadico - compie un gesto apparentemente incongruente, riportando la situazione indietro di qualche frame. E' lo stesso Haneke a spiegare: "A distanza di dieci anni dalla prima versione, questa scena - telecomando/rewind, sguardo in camera di Michael Pitt - ha ancora un impatto molto forte. E' una scena che causa una rottura nel legame film/spettatore, cosa per me fondamentale".

Il regista sostiene che il suo film è un meccanismo sofisticato: scatena dapprima una forma di complicità con i carnefici, una sorta di autocompiacimento per le violenze inflitte con totale mancanza di compassione, e poi induce lo spettatore ad interrogarsi e a sentirsi colpevole. Non a caso Funny games vuole stigmatizzare proprio un certo tipo di cinema americano che ha fatto della violenza un prodotto di consumo. La vicenda della famigliola nelle mani dei due sadici, che non risparmiano nemmeno il ragazzino e non si preoccupano di distruggere ai suoi occhi l'immagine del padre, reso innocuo sin dall'inizio, è costruita con abilità e avvince. Più che le scene di sangue, che in effetti mancano quasi del tutto, è l'espressione dei due torturatori a inquietare e l'indifferenza/normalità con cui essi compiono le loro nefandezze. Decisamente brava Naomi Watts, qualche dubbio sull'interpretazione di Tim Roth.

 
 
 
 
 
 
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