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libera critica cinematografica

 
 
 
 
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Il voto del redattore

  • voto
  • 3.5/5
  • valutazione
  • Uno spietato saggio di violenza dall'autodistruzione alla distruzione affettiva.
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Il voto dei lettori

  • voto medio
  • 3.1/5
  • numero votanti
  • Questo film è stato votato da 32 lettori
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Info

La sposa turca

di Fatih Akin

 
    Dati
  • Titolo originale: Gegen die wand
  • Soggetto:
  • Sceneggiatura: Fatih Akin
  • Genere: Drammatico - Sociale
  • Durata: '123
     
  • Nazionalità: Germania/Turchia
  • Anno: 2004
  • Produzione: Wuste Filproduktion,ndr/Arte Corazon International
  • Distribuzione: BIM
  • Data di uscita: 00 00 0000
 
 
 
 
 
 
 
 
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Recensione

"La sposa turca" ovvero Contro il muro

di Laura De Gregorio

Ah… adesso ho capito! Ancora tramortita dagli ingenti postumi della visione, scopro che il titolo originale de La sposa Turca, film vincitore dell'Orso di Berlino '54 è "Gegen die wand" ovvero "Contro il muro" e ho una folgorante rivelazione, che la La sposa turca non c'entra niente con la storia del film, non c'entra niente il ruolo della donna musulmana nella società occidentale, non c'entra niente lo scontro culturale post-moderno, non c'entra niente l'integrazione sociale dell'immigrato medio, non c'entra niente il problema dell'identità etnica per un turco-tedesco, non c'entra ma c'è chi ne ha fatto la questione centrale del film e del suo giudizio.
Fatik Akin è appunto un tedesco di origine turca che si è guardato intorno e ha scoperto che ad Amburgo ci sono tanti come lui. Punto. E a capo.
Perché no? Perché non parlare della propria città e generazione? Il risultato è un film che quasi spaventa per l'asciutta schiettezza e che calza a pennello il suo titolo fin dall'inizio: contro il muro finisce l'auto di Cahit.
L'antefatto. L'incidente quasi mortale lo porta dritto dritto all'ospedale psichiatrico dove è finita anche Sibel. E' turco come lei: allora è fatta! Lo sposerà e i suoi lo accetteranno perché è musulmano. Colpo di fulmine, indigenza o matrimonio riparatore? No, niente di tutto questo. Chait, certamente per colpa dei suoi trascorsi, non è di sicuro un bel tipo, lei ha messo un po' di soldi da parte e pagherà le nozze, la casa etc. Quando finiranno quei soldi cercherà un lavoro, non ha nulla da farsi perdonare, a parte salvare l'onore familiare dalla peggiore infamia: ha tentato il suicidio ed è pronta a rifarlo se Cahit non accetta all'istante la sua proposta.
L'uomo come potrebbe tirarsi indietro messo di fronte a tale scelta da una pazza scatenata che si spacca una Beck's sui polsi? D'altronde siamo in un ospedale psichiatrico (la birra non è della mensa!) lui non se la passa meglio di lei e comunque le ragioni di Sibel sono al tempo stesso deliranti e lucide: ognuno di loro vivrà come vuole, ogni tanto andranno  insieme da mamma e papà, per il resto nient'altro in comune, fondamentale e' scappare di casa. Sibel non ha tutti i torti, il fratello le ha già spaccato il naso, la madre è troppo debole per opporglisi e il padre troppo vecchio per sconvolgere la tradizione.
Per salvarsi da loro e da se stessa, non ha dubbi: "Voglio vivere, ballare, scopare e non con un uomo solo, capisci?" dice a Cahit che rimane inebetito, si fa la barba, spolvera un vecchio completo, trova il testimone e compra una scatola di cioccolatini, senza liquore, per carità, ai suoceri.
La vicenda. Le premesse annunciano lunga vita agli sposi. In effetti, alcool e cocaina sono un ottimo punto d'incontro, il sesso è un altro efficace sfogo per entrambi ma mai tra di loro, anzi quando per un attimo si desiderano, Sibel si ritrae: se facessero l'amore diventerebbero davvero marito e moglie. Contro il muro non è un matrimonio in crisi ma la sua ragion d'essere. Contro il muro non è un sogno disilluso ma l'assenza di qualsivoglia illusione. Contro il muro non è l'amore sciupato ma lo scempio di una vita senza amore.
L'epilogo. La sposa turca che di turco ha ben poco non si è mai sposata,  lo sposo turco, ancora meno turco di lei, finisce per fare il marito non solo perché un improvviso raptus di gelosia lo sbatte in carcere ma perché in carcere sopravvive grazie all'idea di lei… cosa lo aspetta non è il caso di svelarlo. Quello che si può rivelare e che occupa tutto il film è la violenza fisica, sessuale, verbale, distruttiva e autodistruttiva che carica ogni immagine di un disagio ai limiti della sgradevolezza. Non c'è il rischio di distrarsi e non è concesso il lusso di rilassarsi neanche per un fotogramma perché ogni volta, e le occasioni si contano sulle dita di una mano, che intravedi un barlume di luce ricadi nel baratro della psicosi collettiva. Una cenetta a due, le portate preparate con cura, il raki versato a dovere e una tovaglia nuova, le carezze, quelle concesse una volta, quasi l'unica, occhi negli occhi, due mani strette in una promessa nel parlatorio del carcere, una lettera da Istanbul sono frammenti brevi, troppo brevi per ripagare dell'umore nero di questo inferno esistenziale che sembra la trasposizione cinematografica del nichilismo tout court.
Birra che va giù come acqua, strisce di coca belle lunghe, tatuaggi neri come il trucco sbavato, piatti sporchi come le strade. A parte le moschee, Istanbul è ugualmente lugubre e deprimente, occhi pesti come quelli dei pugili, un posacenere sbattuto in piena guancia come un calcio nello stomaco, uno stupro micidiale, facce sfatte e ridotte a una maschera di sangue… è una specie di apologia dell'indigesto. Pare quasi che il regista ci provi gusto, se è così e se è tratto distintivo della cultura nordeuropea un algido distacco, qui l'occhio della macchina da presa, pur rimanendo impassibile, va talmente sotto che volti e corpi risultano grotteschi. Sarà prerogativa e pregio di un'estetica confermata dalla critica, sarà una cinematografia distante, ma credo che, senza scadere nella facile emozione di certo cinema hollywoodiano, La sposa turca con un briciolo di "bellezza" in più avrebbe di certo potuto regalare maggiori emozioni, comunque più varie rispetto al semplice malessere fisico, che non produce coinvolgimento e certo non appassiona ma arreca invece una sensazione insopportabile.
Davvero, all'uscita dal cinema avevo al posto dello stomaco un malloppo aggrovigliato e un senso di vuoto a fronte del quale poco ha giovato l'impiego di categorie intellettuali. Di certo la complessa desolazione di questo (neo)zoo di Amburgo è tutta tedesca, gli unici tratti turchi sono dovuti a un concerto di musica popolare, gli arabeschi, che a mo' di sipario apre, intermezza e chiude il racconto con testi tradizionali sui tormenti d'amore.
Per il resto, in un film che è a metà strada tra uno splatter e lo psicodramma non poteva mancare il generoso impiego della musica punk. Le ricorrenti sequenze con macchina a mano nei locali notturni tra fumi di vario genere sono scandite dal rock, altrove addolcito da qualche nota jazz: Sibel cade in trance nella ressa degli zombie viventi. Il loro tempo è la notte, il loro luogo un tugurio qualunque, sono sciacalli che si scannano per gli ultimi brandelli di vita. Quale vita? Una carcassa vuota di senno e sentimento. In tutto questo livore si salva solo un uomo, l'amico di Chait che fino all'ultimo prova ad aiutarlo, ma non basta. Il pellegrinaggio spirituale continua, il fiume scorre dietro i suonatori e spinge i flutti alla deriva.
Il domani non ci è dato conoscerlo. Per il momento restano un climax ad alta tensione psicologica che si avvale anche spesso del ponte sonoro che anticipa nell'inquadratura precedente il dialogo di quella che segue con un effetto di singolare frizione, ettolitri di sangue, musica punk a tutto volume e uno strano stordimento come se avessero gonfiato di botte anche lo spettatore. Per tutte queste ragioni La sposa turca va visto, ma una volta può bastare. Contro il muro stavolta ci sta lo spettatore che prova a tornare in se'.

 
 
 
 
 
 
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Commenti
 

I lettori hanno scritto 4 commenti

 
 
utente
diego accorsi
  • commento a me questo il film ´piaciuto parecchio...cí sono parecchi elementi (sesso,amore,tradizione,musica,multietnicita', violenza, vita eale cmq non cazzate ammerecane)amalgamati con precisione e saggezza.
 
 
 
 
 
utente
leogrini
  • commento Un vero e proprio pugno nello stomaco, un film per palati forti che coinvolge (e sconvolge) come pochi altri. Intolleranza, razzismo, maschilismo, scontro di mentalità e di civiltà, conflitto di generazioni, anelito all’autoaffermazione, desiderio di libertà… sono i temi portanti di questa opera che si rifà a Brecth, a Fassbinder, alle tragedie greche armonizzando il tutto intelligentemente. Ritmo incalzante, uso formidabile della macchina da presa, recitazione straordinaria dei due protagonisti difficilmente dimenticabili.
 
 
 
 
 
utente
Dudoski
  • indirizzo IP 62.110.10.163
  • data e ora Lunedì 07 Novembre 2005 [12:03]
  • commento Mi associo: un bellissimo film. Vivamente consigliato!
 
 
 
 
 
utente
gnoma
  • indirizzo IP 87.17.196.12
  • data e ora Martedì 01 Maggio 2007 [12:42]
  • commento guarda..a me è piaciuto...sia Sibel che Chaid non solo a tutto tondo.. ma a 4 dimensioni o 5! per una volta fuori dalla retorica, fuori dai luoghi comuni! La rivoluzione dell'estetica continua!
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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