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libera critica cinematografica

 
 
 
 
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Voti

Il voto del redattore

  • voto
  • 5/5
  • valutazione
  • Un potente affresco sui rivolgimenti politici del Cile negli anni Settanta visti con gli occhi dei bambini, dalla parte dei bambini
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Il voto dei lettori

  • voto medio
  • 1.4/5
  • numero votanti
  • Questo film è stato votato da 67 lettori
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Info

Machuca

di Andrés Wood

 
    Dati
  • Titolo originale: Machuca
  • Soggetto:
  • Sceneggiatura: Roberto Brodsky, Mamoun Hassan, Andrés Wood
  • Genere: Drammatico - Sociale
  • Durata: 2 ore
     
  • Nazionalità: Spagna, Cile
  • Anno: 2004
  • Produzione: Tornasol Films, Andres Wood Producciones
  • Distribuzione: Lady Film
  • Data di uscita: 00 00 0000
 
 
 
 
 
 
 
 
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Recensione

Un sogno infranto

di Laura De Gregorio

[L'uscita del film nelle sale italiane è prevista per il 1/10/2004]

"Era l'ora felice dell'assalto e del bacio.
L'ora dello stupore che ardeva come un faro".

La canzone disperata
Pablo Neruda a Padre Geraldo Wholan
S.Giorgio's School Santiago del Cile 1969/1973

Andrés Wood con questa dedica alla fine del suo Machuca rende omaggio ad un sogno sostanziato nella drammatica realtà cilena degli anni Settanta, dà forma e spessore ad un personaggio - Padre McEnroe - che testimonia l'operato di un uomo in carne e ossa, cambia solo il nome della scuola - S. Giorgio diventa S. Patrick - non lo spirito cristiano, direi evangelico, che ne muove la realizzazione. Al centro dei quartieri alti di Santiago, la scuola di Padre McEnroe si fa forte del suo buon nome per stravolgere in modo eclatante una prestigiosa tradizione: apre la porta ai ragazzi delle baraccopoli poco più in là. Vicini ai loro coetanei benestanti e distanti anni luce: li separa solo una collina, alta come un muro, il peggiore che c'è, quello dell'ingiustizia sociale. Padre McEnroe prova ad abbatterlo, favorendo, quasi obbligando l'integrazione in nome del rispetto reciproco.
Lo dice il primo giorno di scuola quando presenta i nuovi compagni: così comincia Machuca, la storia di Pedro Machuca. Prendendo coraggio pronuncia il suo nome alla classe, la voce diventa forte e anche se il suo maglione bucato stride con la bella divisa del college, un lampo di orgoglio attraversa gli occhi da animale ferito, lui è diverso, è come tutti i bambini costretti a crescere in fretta, grande e un po' triste. Lo tradisce un sorriso disarmante. Lo stesso sorriso, solo più timido, di Gonzalo seduto al banco davanti, biondo e tutto lentiggini come un piccolo lord, che cerca subito la sua amicizia. Machuca è la storia di questa grande amicizia, spontanea e complice come solo sanno essere quelle dei bambini, che senza mediazioni e senza paura si lascia andare alla piena spensieratezza e corre a briglie sciolte.
Corre veloce come la bicicletta al tramonto in mezzo all'erba alta: che bei momenti quelle prime scorribande insieme! Wood ci regala immagini scintillanti in un crescendo musicale di ritmi sudamericani caldi e variopinti. Tutta la prima parte del film è all'insegna dell'autentica allegria, la scoperta del mondo in due è più bella, ancora meglio in tre, se poi è una ragazza… Nel duetto fa irruzione la cugina di Pedro.
Bella e impetuosa, Silvana cattura a sé i due bambini, li fa crescere all'improvviso: con lei il primo bacio -complice un barattolo di latte condensato - in una scena carica di voluttuosa voracità e candida sensualità; con lei si lavora dopo scuola vendendo sigarette e bandierine nelle manifestazioni di piazza.
Non è affatto facile in termini cinematografici mantenere il centro di una microstoria senza perdere di vista la Storia che pure si vuole raccontare: Wood ci riesce perfettamente, anche a livello formale. Alle scene di massa che testimoniano il montare delle contestazioni politiche e la radicalizzazione delle contrapposizioni che minacciano il governo Allende si frappongono i primi piani dei tre ragazzi che saltano abbracciati nel corteo comunista, distribuiscono bandierine nere - nel mazzo accidentalmente ce n'è rimasta una rossa che Gonzalo si affretta a occultare! - ai manifestanti del partito nazionalista e infine tra tafferugli e fuggifuggi scappano sul camion di Silvana.
Sono momenti cruciali della storia cilena - la sconfitta del socialismo, l'insorgere degli estremismi, il tracollo della democrazia con l'imminente golpe - di cui Machuca fa la parafrasi documentando le sollevazioni di massa attraverso le tensioni personali che esaspera fino alla rottura netta.
Ad esempio, il conflitto tutt'altro che sotteso tra Gonzalo e la madre - la quale cerca il suo consenso in cambio di un bel libro di fumetti passato dall'amante - esplode quando lei e Silvana si scontrano durante il corteo. Gonzalo rimane atterrito da tanto livore. Machuca è anche un film sulla rabbia, la rabbia di tutti e contro tutti.
È costellato di tanti, velenosi rancori che conflagrano senza alcuna conciliazione. La rabbia del figlio verso la madre, della madre ricca contro la ragazzina povera e viceversa che su un piano più ampio è lotta di classe, è dunque rabbia senza quartiere, non risparmia nessuno, nemmeno i bambini. Dai bei pomeriggi di sole si sprofonda nel buio. La lenta, implacabile carrellata del camion che passa in mezzo ai fischi e alle urla soffocate dalla pioggia è uno spartiacque tra il prima e il dopo nel film, è una cesura che taglia a metà il destino dei suoi personaggi, trancia i loro sogni, falcia i loro sentimenti.
E' l'inizio della fine. Dalle contestazioni politiche si passa alla repressione militare che segna l'avvento dei colonnelli. Anche qui Machuca testimonia i grandi movimenti della storia nelle piccole vite degli uomini. È il dramma di Padre McEnroe, la fine di un sogno, lo scempio della sua scuola, preziosa come un'oasi, succoso frutto di una riforma radicale, di quelle che inverano i principi religiosi nei rivolgimenti laici, scontentando gli accaniti sostenitori degli uni e degli altri, nemici entrambi dei veri cambiamenti che non hanno bandiere perché sono di tutti e per tutti, perché hanno come unico baluardo la fede nell'uomo, perché si battono per una società davvero civile, perché sono mossi dalla libertà di pensiero, perché impongono il coraggio. Padre McEnroe ne ha da vendere, con le unghie e coi denti difende gli ideali per nulla astratti di cui resta l'unico superstite, inascoltata voce nel deserto continua a tuonare fino alla fine nella sua chiesa, la chiesa dei giusti: superba è la scena in cui divora l'ostia del calice tra colonnelli e preti conniventi prima che sia profanata come tutto il resto.
Tutto, tranne una cosa che per lui è tutto: la gratitudine dei suoi ragazzi, la gratitudine di Machuca. Ancora una volta lo sguardo fiero e triste da animale ferito: quel giorno di scuola, forse l'ultimo, commemora il primo nell'epilogo. Gli eventi precipitano per mano degli squadristi, dalle retate tra i banchi si passa a quelle nelle baraccopoli. Lo sguardo di Pedro stavolta incontra quello di Gonzalo, soltanto un attimo, un attimo lunghissimo.
La bici, lei sì, non ha dimenticato la strada anche se è annebbiata dalle fiamme, ma sta tornando indietro… Ellissi. Un muro imbiancato, le scritte della rivoluzione civile sono state debitamente cancellate. Ogni cosa è stata messa a posto. Quasi.
Resta un arrugginito barattolo di latte condensato… Sono immagini potenti che in un crescendo di emozioni vere ti incollano allo schermo, ti sballottano nei disordini in strada, ti assordano con il rock anni Settanta, sei commosso dall'interpretazione di questi tre piccoli grandi attori, sei ferito dalla loro sofferenza.

Alla fine dei titoli di coda si legge un'altra dedica che in italiano suona pressappoco così: a tutti i padri e le madri che piangono i figli caduti in questi pericoli.

 
 
 
 
 
 
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Commenti
 

I lettori hanno scritto 6 commenti

 
 
utente
Francesca
  • indirizzo IP 62.101.126.233
  • data e ora Domenica 12 Novembre 2006 [19:11]
  • commento Anch'io trovo che il film sia bellissimo.
 
 
 
 
Pagine: 1 2
 
 
 
 
 
 
 
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