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libera critica cinematografica

 
 
 
 
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Locandina
 
 
 
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Trama

Inizi del XX secolo. Daniel Plainview va in California alla ricerca del petrolio, una ricerca che non ammette ostacoli. A cinque anni di distanza da Ubriaco d'amore, torna il regista di Magnolia e Boogie Nights.

 
 
 
 
 
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Voti

Il voto del redattore

  • voto
  • 4/5
  • valutazione
  • Dedicato al maestro Altman. Non un film delicato.
  •  
 
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Il voto dei lettori

  • voto medio
  • 4.5/5
  • numero votanti
  • Questo film è stato votato da 2 lettori
  •  
 
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Info

Il petroliere

di Paul Thomas Anderson

 
    Dati
  • Titolo originale: There will be Blood
  • Soggetto: Upton Sinclair (tratto dal romanzo Petrolio!)
  • Sceneggiatura: Paul Thomas Anderson
  • Genere: Drammatico - Avventura
  • Durata: 158 min.
     
  • Nazionalità: USA
  • Anno: 2007
  • Produzione: Ghoulardi Film Company, Paramount Vantage, Miramax Films
  • Distribuzione: Walt Disney Studios Motion Pictures Italia
  • Data di uscita: 15 02 2008
 
 
 
 
 
 
 
 
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Recensione

Lui sì che si è fatto da solo!

di Sara Troilo

Film epico questo di Paul Thomas Anderson che evidentemente non ama ripetersi né misurarsi con un genere solo nè con un unico schema. Alle tante parole dei suoi film precedenti si contrappone Il petroliere (titolo originale molto più bello ed evocativo: There Will Be Blood) in cui la prima parola viene pronunciata a 15 minuti dall'inizio. Campi lunghi che abbracciano il paesaggio commentati da una musica solenne e bellissima scritta da Jonny Greenwood (chitarrista dei Radiohead): così si presenta il film agli spettatori che seguono la ricerca incessante della ricchezza da parte di Daniel Plainview (Daniel Day-Lewis ispiratissimo e vincitore dell'Oscar) che parte scavando nella terra tutto da solo alla ricerca di argento, rimettendoci anche una gamba, per arrivare a costruire un vero impero con torri di estrazione in tutti gli Stati Uniti. La cifra del film cambia di continuo, difficile circoscriverlo anche perchè si tratta di un lavoro sorprendente e come tale ci appare dall'inizo alla fine. Il racconto si dipana attraverso ampie riprese di paesaggi a cui si alternano primi piani, riprese in interni asfittici nonché viaggi senza ritorno nelle nevrosi dei due protagonisti.


Daniel Plainview è un uomo determinato che non teme di infilarsi in stretti cunicoli scavati nella terra facendosi largo a colpi di dinamite, così come si fa largo nel mondo che, con il procedere del tempo, gli regala prima un figlio adottivo (orfano di un collega morto sotto terra a qualche passo da lui) e poi un contratto da sogno per scavare in una zona vergine del Paese ed estramente fruttuosa. Latore della preziosa indicazione sul dove scavare tale Paul Sunday (un sempre più inquietante Paul Dano), che fugge dalla fattoria in cui è cresciuto riuscendo anche a ricavarne diecimila dollari e lasciando la propria famiglia all'oscuro di aver passato l'informazione a Daniel. E così Daniel prende il figlio e si presenta alla famiglia Sunday come un cacciatore di quaglie intenzionato a comprare il terreno, unico ostacolo il gemello di Paul, Eli (sempre Paul Dano, ca va sans dire) che è a conoscenza della presenza di petrolio e tenta di ricavarne denaro per la chiesa di cui è fondatore e consumatissimo animatore. Sin dall'inzio la contrapposizione tra Daniel ed Eli è forte, accomunati dalla certosina ricerca di denaro e dal cinismo, i loro scontri sono intensi e privi di limiti. Guaritore molto scenografico Eli, pragmatico uomo d'affari Daniel, l'uno seguito da una schiera nutrita di fedelissimi, l'altro datore di lavoro con qualche scrupolo, i due uomini danno vita ad alcuni valori tipicamente americani attualizzandoli nell'uomo di fede e nel self made man.


Mentre i due ego spropositati del predicatore e del petroliere si fronteggiano senza che nessuno dei due abbia un moto dell'animo, la sciagura smette di aleggiare per piombare dritta sulla terra sotto la quale scorre il petrolio traducendosi in forti scompensi psicoemotivi per Daniel ed Eli che combattono una guerra sottorranea dal primo momento in cui si sono visti, riconoscendo nell'altro se stesso e decidendo all'istante di schiacciarlo. Dopo migliaia di duelli visti al cinema eccone uno dei migliori: in una chiesa di legno Daniel in ginocchio viene incalzato da Eli a confessare i propri peccati e poi preso a schiaffi da Eli e incalzato di nuovo, con voce sempre più tonante. Il momento in cui Daniel si alza da terra rasenta la perfezione, forse la supera, per come non sente il bisogno di indugiare, né di spiegare nulla perchè è evidente, ma non deve esserlo, altrimenti sarebbe volgare, banale e visto milioni di volte. Molto meglio del finale in cui la bravura di Daniel Day-Lewis fa bella mostra di sé senza concedere spazio al racconto, ma anzi fagocitandolo.


In un'America aspra e desolata come la terra che riempie ogni inquadratura si consumano crimini ancora più efferati di quelli, coreografici, di Gangs of New York. Non c'è traccia di umanità se non nel figlio di Daniel, H.W. (Dillon Freasier) non a caso protagonista della scena più drammatica del film, quella dove scalcia e si dispera dopo aver perso l'udito e contemporaneamente ogni appeal sul padre. Sembra di sentirli quel senso assoluto di solitudine e quella rabbia di impotenza nel tentativo di riuscire ad emettere un guaito che squarci il silenzio. Quella percezione immediata del proprio destino che gli fa contorcere le budella contorce anche le nostre e la stretta del padre che lo inchioda al tavolo ci fa nascere l'istinto di divincolarci. E questo è Paul Thomas Anderson e questa volta non si affida alla sceneggiatura per farcelo sentire.

 
 
 
 
 
 
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Commenti
 

I lettori hanno scritto 2 commenti

 
 
Dudoski
Dudoski
  • indirizzo IP 213.140.11.139
  • data e ora Giovedì 28 Febbraio 2008 [0:17]
  • commento Gran bel film e ottima commistione di ambiente e personaggi. Oscar meritatissimo per Day-Lewis, ma non sfigura nemmeno il pazzo fanatico.
 
 
 
 
 
Chiara Orlandi
Chiara Orlandi
  • indirizzo IP 213.140.11.141
  • data e ora Giovedì 28 Febbraio 2008 [14:05]
  • commento Un po' lungo e le musiche forse a tratti troppo ridondanti. Per me è il capolavoro del 2008!
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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