Il voto del redattore
- voto
- 4/5
- valutazione
- anni luce dalla deidascalie, mano leggera e raffinatezza
Il voto dei lettori
- voto medio
- 1.8/5
- numero votanti
- Questo film è stato votato da 54 lettori
Fratellanza - Brotherhood
- di Nicolo Donato
- dal 02 07 2010
- genere Drammatico
- tipo Psicologico
- Papupop
Segreti di famiglia
- di Francis Ford Coppola
- dal 20 11 2009
- genere Drammatico
- tipo Psicologico
- Antinoo
Il cacciatore di aquiloni
- di Marc Forster
- dal 28 03 2008
- genere Drammatico
- tipo Psicologico
- Elena De Dominicis
Il nastro bianco
- di Michael Haneke
- dal 30 10 2009
- genere Drammatico
- tipo Psicologico
- Severino Faccin
Editoriali
Vignette
Schede
Recensioni
Speciali
Rubriche
Cloache
Ring
A Dangerous Method
- Contro Il pessimo metodo
- A favore La violenza della psicoanalisi
- Sara Troilo Vs. Keivan Karimi
News
02 11 2013
Le chiavi di casa
di Gianni Amelio
- Dati
- Titolo originale: Le chiavi di casa
- Soggetto: Giuseppe Pontiggia (romanzo)
- Sceneggiatura: Gianni Amelio, Sandro Petraglia, Stefano Rulli
- Genere: Drammatico - Psicologico
- Durata: 105'
- Nazionalità: Italia, Francia, Germania
- Anno: 2004
- Produzione: Enzo Porcelli
- Distribuzione: 01 Distribution
- Data di uscita: 00 00 0000
Recensione pubblicata il 23 09 2004
Questa recensione è stata letta 24129 volte
Ritratto di famiglia.
di Sara Troilo
Cio' che contraddistingue una famiglia, spesso, e' il condividere la stessa casa, i ragazzini capiscono di essere cresciuti quando vengono dotati di chiavi di casa. Gesto di responsabilizzazione quello della consegna delle chiavi e momento solenne. Il protagonista del film di Amelio lo sa bene e sa anche che cosa significa poter decidere di tornare a casa propria quando se ne ha voglia, quando si decide che quello che hai affrontato per quel giorno e' abbastanza. E allora basta, allora puoi dirlo, basta, devo tornare a casa, ho tante cose da fare e poi le elenchi e te ne puoi andare sul serio, sì e hai davvero un posto in cui tornare. Hai le chiavi. Amelio torna a filmare ragazzini e anche stavolta lo fa nel segno del piu' totale rispetto per chi e' davanti alla macchina da presa. Nessuna traccia di scelte registiche forzate o prevaricanti, solo stimoli che ottengono grandi risultati. Andrea Rossi e' Paolo, ragazzo con un handicap fisico, Kim Rossi Stuart e' Gianni, suo padre. I due si incontrano per la prima volta nell'incipit del film, sul treno per la Germania, entrambi hanno un'altra famiglia, hanno mazzi di chiavi diversi. Il treno e' in movimento, i passi dei due sono incerti, vacillanti (piu' del solito), il primo incontro rumoroso, commentato dal game boy del ragazzo chino a giocare sul tavolo del vagone ristornate del treno. La prima reazione e' anche la piu' comune: l'imbarazzo del padre. Quello che ci fa scoprire in seguito il film si allontana progressivamente da cio' che e' connotato come "comune" per mostrarci da vicino un rimosso tuttora piuttosto forte e cioe' la vita dei genitori di figli handicappati, legata a filo doppio a chi non raggiungera' mai l'autonomia. I tempi della narrazione sono dilatati in modo da tratteggiare una condizione che non ha speranze di risoluzione, se si escludono quelle drammatiche. C'e' un personaggio che fa da contraltare a Gianni e Paolo, piuttosto spaesati. Lei si chiama Nicole (Charlotte Rampling), madre di una ragazza handicappata e con un'esperienza tale da aver sviluppato un certo cinismo. Nicole supporta Gianni, ma non gli nasconde che la scelta di stare vicino al proprio figlio e' una scelta durissima e che puo' portare ad invocarne la morte. C'e' un terzo personaggio che condivide con Nicole e Gianni il medesimo destino: Giuseppe Pontiggia, autore del romanzo Nati due volte cui Amelio si e' ispirato per realizzare questo film. La scelta di inserire il romanzo come elemento diegetico e' un bell'omaggio all'autore che a sua volta si fa sostegno per i due genitori protagonisti di questa storia filmata. La bravura di Amelio sta nel bilanciare gli elementi di grande impatto emotivo come la lunga camminata di Paolo all'ospedale, incalzato dalle urla dell'infermiera tedesca con momenti successivi di sdrammatizzazione dell'evento. Il regista tratta gli spettatori come fa Gianni col proprio figlio, in quel momento, li aiuta a superare il trauma semplicemente facendo il verso all'infermiera. Di nuovo, analogamente con l'andamento del treno dell'incipit, il rapporto tra padre e figlio subisce accelerazioni e rallentamenti, a ricordarci che entrambi hanno case diverse in citta' diverse e vite diverse, a volte quasi inconcepibili per l'altro "Di che colore ce li ha i capelli tua moglie? Biondi o castani?" "Rossi.", una risposta che Paolo non aveva previsto stigmatizza tutto un mondo non condiviso tra i due. Amelio ha la mano delicata, con finezze come questa ci lascia li' con una gran voglia di piangere e con una specie di sottile vergogna per i momenti in cui davvero sembra che non sia piu' possibile continuare a guardare. Invece non si piange, si continua a guardare e si ha un'unica, netta sensazione: questo rapporto e' fragilissimo e nessuno dei due e' equipaggiato a sostenerlo, l'impotenza cresce con la voglia di rinfrancarlo, il contrasto permane e nessuna componente ha la meglio. Le chiavi di casa del titolo sono quelle che fanno in modo che lo spettatore intuisca l'impossibilita' tragica di entrare nella vita di un altro con la propria cosi' ingombrante. "ma a casa tua, ci posso veni' con le chiavi mie?"
chiede Paolo a Gianni.
I lettori hanno scritto 42 commenti
- commento è un film straordinario.complimenti al regista e ai due attori principali:kim e andrea.è un film delicato ma allo stesso tempo crudamente vero.un film che merita la statuetta più ambita:l'oscar.rosy.
- commento Tranne rarissime eccezioni il film ha entusiasmato la critica (qualcuno ha parlato perfino di miracolo). Un eccesso di lodi che francamente non capisco. E' un'opera certamente interessante e coraggiosa ma talmente scarna e asciutta che rifiuta totalmente il sentimentale (ed è un bene) ma anche il commovente (e così, mi sembra, lo spettatore non si sente coinvolto dalla vicenda). La scelta di usare un vero andicappato suscita imbarazzo e disagio e fa del film un documentario alla "Quark" che non approfondisce la psicologia dei vari personaggi ma punta tutto sul comportamento del minorato, con un susseguirsi di scene a volte ripetitive e gratuite. Kim Rossi Stuart è bravo ma il suo ruolo è talmente senza sfaccettature da risultare alla fine sempre uguale e con una unica perenne espressione. Grandissima è Charlotte Rampling: quando appare il film alza enormemente il tono e ci regala una delle migliori performance di questi ultimi anni.
- commento Bravo leogrini, non si capisce proprio perché la critica a volte sposi questi film che non eccellono, sotto nessun aspetto. Bah.
- commento trovo che definire un documentario alla quark il film di Amelio sia molto offensivo. Molto. E immotivato.
- commento Un vero Handicappato suscita imbarazzo e disagio??? Minorato??? Forse ti sei dimenticato "Heil Hitler!" alla fine del tuo (xenofobo) commento...
Partecipa
Cosa aspetti a diventare un utente registrato?
Queste funzioni sono abilitate soltanto per gli utenti registrati. Si possono votare i film ed esprimere opinioni su registi, attori o su qualunque altro aspetto riguardante le pellicole, si può commentare quanto scritto nelle recensioni e negli articoli e concordare o dissentire. Gli utenti registrati hanno inoltre accesso a molte altre funzioni personalizzate sul sito. Basta un minuto, registrati e fai sentire la tua voce.
Pubblicità