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libera critica cinematografica

 
 
 
 
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Il voto del redattore

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  • 4/5
  • valutazione
  • Un film crudo, impegnato e claustrofobico. Un film splendido.
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Info

Cronaca di una fuga - Buenos Aires 1977

di Adrián Caetano

 
    Dati
  • Titolo originale: Crónica de una fuga
  • Soggetto: Claudio Tamburrini
  • Sceneggiatura: Esteban Student, Julian Loyola, Claudio Tamburrini
  • Genere: Drammatico - Storico
  • Durata: 102 min.
     
  • Nazionalità: Argentina
  • Anno: 2006
  • Produzione: 20th Century Fox de Argentina
  • Distribuzione: Fandango
  • Data di uscita: 00 00 0000
 
 
 
 
 
 
 
 
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Recensione

Fuga riuscita

di Carlo Griseri

E' il momento degli anni '70 al cinema, con i loro scontri sociali e le repressioni dei Governi e delle dittature. Le irrisolte questioni tra oppressi e oppressori, tra ex-ribelli ed ex-sostenitori del Potere. Le sale cinematografiche italiane nelle ultime settimane sono state in qualche modo invase da pellicole che cercano, in modi diversi, con diverse sensibilità e diversissimi risultati, di analizzare e fare luce su quegli anni. Dal tedesco Le vite degli altri allo spagnolo Salvador - 26 anni contro, dal danese Gli innocenti all'italiano Mio fratello è figlio unico, per arrivare all'argentino Cronaca di una fuga - Buenos Aires 1977. Diretto dall'uruguayano Adrián Israel Caetano e presentato al Festival di Cannes 2006 (in contemporanea con Salvador e un anno prima rispetto al film di Daniele Luchetti), narra una storia di abuso di potere della polizia, o meglio una delle storie purtroppo familiari negli anni della dittatura argentina, così come narrata nel libro autobiografico Pase Libre. La fuga de la Mansion Seré scritto dall'italo-argentino Claudio Tamburrini.

Tamburrini all'epoca era il portiere dell'Almagro, squadra di calcio militante nella serie B nazionale, e venne accusato (ingiustamente?) di essere un cospiratore contro lo Stato in quanto interessato all'acquisto di un ciclostile. La polizia agli ordini del dittatore Jorge Videla non aveva metodo di investigazione migliore che prelevare con la forza l'accusato, imprigionarlo senza alcun diritto - con altri giovani, veri guerriglieri e non -  e torturarlo nell'attesa che si decidesse a confessare, o almeno a dare qualche informazione su altri "affiliati". Inutile dire che in quelle condizioni, chi prima e chi poi, tutti quanti alla fine almeno un nome lo facevano. Inutile dire, poi, che spesso chi veniva chiamato in causa non aveva nulla a che fare con la guerriglia e la resistenza alla dittatura e magari probabilmente non aveva proprio nessun nome da fare per cui dopo mesi di soprusi e torture coinvolgeva solo altre persone estranee ai fatti, e via così… Un circolo viziosissimo di morte e violenza, che dava risultati minimi per lo sforzo richiesto e che ha macchiato di sangue per lo più innocente quel periodo storico. Questa è la storia di quei centoventi giorni di detenzione illegale, di torture fisiche e psicologiche (con grande tatto, Caetano si limita a fare immaginare le prime non esasperando il clima già crudo e difficile da sostenere), nel corso dei quali i ragazzi vedono altri loro compagni di prigionia venire liberati (ma torneranno a casa o saranno giustiziati? O semplicemente arricchiranno le già ampie fila dei desaparecidos?) fino ad avere chiara in mente che, almeno per loro, l'unica speranza non potesse essere che la fuga. L'attesa della fuga, la sua impossibile pianificazione, le lunghe notti (passate legati nudi agli scarni materassi a disposizione) sembrano davvero non passare mai, tanto da far sembrare un sogno quelle immagini - ben visibili nei trailer - dei quattro ragazzi che finalmente scappano nudi nascondendosi nel cuore della notte.

Il lentissimo scorrere dei giorni toglie il fiato, sembra impossibile che tale condizione possa essere stata sopportata anche solo per la durata del film, figuriamoci per 4 mesi. Una narrazione claustrofobica, politica nel suo non esporre le ragioni né degli uni né degli altri, e nel suo voler solo fotografare l'assurdità di una realtà che troppo recentemente e in troppi Paesi abbiamo lasciato succedere. Non si tratta del primo film sul tema, mi viene subito in mente lo splendido Garage Olimpo di Marco Bechis, ma Cronaca di una fuga è esemplare nel saper suscitare un senso di disgusto verso l'oppressore, chiunque esso sia. Se non fosse per il titolo del film (almeno quello italiano) e per alcune brevi e rade indicazioni (la squadra di calcio, il tifo, …) noi potremmo continuare a ignorare per tutti i 102 minuti di proiezione in quali anni e a che latitudini tale storia sia ambientata. Destini troppe volte vissuti, esperienze troppe volte drammaticamente ripetute. I regimi dittatoriali sono ancora tanti, e quelli così violentemente repressivi (o anche peggio) forse non li conosceremo mai tutti. Trent'anni dopo gli avvenimenti narrati, fa piacere sapere (piccolo spoiler, spero perdonabile) sui titoli di coda che alcuni dei protagonisti abbiano avuto un lunga e felice vita e che - soprattutto? - abbiano avuto il coraggio e la freddezza di ritornare in Argentina per testimoniare nei processi contro le forze di polizia avvenuti negli anni '80.

Il cast è composto da giovani attori poco noti al di fuori dei confini latinoamericani, qui tutti molto in parte. L'unico nome di rilievo potrebbe essere quello di Rodrigo De La Serna, che interpreta Tamburrini e che è possibile ricordare membro del cast de I diari della motocicletta al fianco di Gael Garcia Bernal.

 
 
 
 
 
 
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