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libera critica cinematografica

 
 
 
 
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Voti

Il voto del redattore

  • voto
  • 4.5/5
  • valutazione
  • Se questa fosse la produzione nazionale media, l'Italia sarebbe il paese del cinema d'autore e nessuno le insidierebbe il titolo. Intenso ed emozionante.
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Il voto dei lettori

  • voto medio
  • 3.2/5
  • numero votanti
  • Questo film è stato votato da 31 lettori
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Info

Centochiodi

di Ermanno Olmi

 
    Dati
  • Titolo originale: Centochiodi
  • Soggetto: Ermanno Olmi
  • Sceneggiatura: Ermanno Olmi
  • Genere: Drammatico - Psicologico
  • Durata: 90 min.
     
  • Nazionalità: Italia
  • Anno: 2007
  • Produzione: Cinema11undici, Rai Cinema
  • Distribuzione: Mikado
  • Data di uscita: 00 00 0000
 
 
 
 
 
 
 
 
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Recensione

La parabola rivoluzionaria di Olmi

di Sara Troilo

 

Hanno trovato Gesù in metropolitana

era seduto in un vagone

con in testa un'idea di rivoluzione

Nada, Gesù

Ermanno Olmi firma un film che sta facendo molto discutere. La TV è praticamente impazzita, ovunque si tenta di sviscerare il significato profondo di Centochiodi, ovviamente utilizzando metodi televisivi: salotti pieni zeppi di bacchettoni (paolotti, baciapile e quant'altro) con la boccuccia che fa un sorrisetto tirato e l'aria di chi ha appena colto un chierichetto che si masturba in sagrestia, tutti affannati nel dimostrare che il vangelo non si inchioda, non sta bene, non è una buona pratica. Di solito fa da controcampo a tutta questa santità applicata, il sorriso disteso e l'occhio lucido del maestro Olmi che parla di umanità e che si commuove parlando dell'incontro dei propri genitori, sempre con la saggezza e l'umiltà di chi non dà lezioni a nessuno. Perchè alla fine il nodo è questo: da un lato stanno quelli che studiano da beati, tutti primi della classe e animati da una voglia di proselitismo insopprimibile, dall'altro chi ha fatto della visione un mestiere e che parla attraverso le immagini che filma, senza cattedre che lo dividono dal mondo e dalle donne e dagli uomini che lo abitano.

L'unico fatto importante di questo vano parlare è che il mezzo televisivo muove le masse e, in questo caso, si spera verso Centochiodi. E laddove la TV non arriva, arriverà Raz Degan, perchè proprio lui interpreta il professorino, personaggio principale del film. Dall'inquietante spot del "questa sera no mancio carne" al silenzioso Dario dell'Alexander di Oliver Stone, l'ex modello israeliano approda a questo ruolo che molti sostengono essere quello di un novello Gesù Cristo. L'iconografia ci ha abituati a un Cristo con le fattezze di Raz Degan (e probabilmente ciò motiva la scelta del casting) e la sua prova non sfigura, ma nemmeno ci fa gridare al miracolo, forse anche a causa del doppiaggio.

La storia è ormai arcinota. Il film si apre con le urla del custode che trova nella biblioteca storica dell'Università quella che potrebbe sembrare un'installazione di arte contemporanea per incisività e originalità: cento testi antichi, sacri e contenenti verità assunte come immutabili, aperti e inchiodati al suolo e ai tavoli di lettura da cento chiodi. Da qui in poi seguiamo le indagini della polizia e la svolta di vita del professorino che recupera un rudere sulle sponde del Po e vi si stabilisce. Lo stuolo di libri uccisi e ridotti al silenzio, aperti ad una pagina a caso e resi muti dal chiodo che li fissa al parquet della biblioteca, è una visione emotivamente intensa. La bellezza della composizione si accompagna al fiume di sentimenti che nascono da questa visione e che si possono localizzare nel plesso solare, per dar loro un luogo fisico. Segue poi il turbine di pensieri che quest'atto dissacratorio, violento e lucido, innesca. Ma gli occhi e le emozioni hanno la meglio ed è anche questo il motivo che rende futili i dibattiti televisivi e intensi quelli interpersonali.

Il professorino insegna filosofia delle religioni e frequenta assiduamente la biblioteca storica dell'Università, habitat unico di un sacerdote che sta perdendo la vista e che passa i propri giorni chino sui libri (in senso letterale). Un personaggio bunueliano per come è tratteggiato: innanzitutto, come si diceva, quasi cieco (il regista spagnolo stigmatizzava sempre in modo negativo i non vedenti) e poi arroccato su una posizione misantropa che accumuna molti bibliofili. Posizione dalla quale, possiamo immaginarlo senza sforzo alcuno, emerge anche il professore che reagisce a questo distacco dal mondo proveniente dall'attacamento profondo ai testi per cercare una dimensione più autentica, più naturale, più vicina alla realtà quotidiana.

Quale sia il motivo scatentante di questa crisi esistenziale non è essenziale saperlo, se il film lo svelasse non sarebbe così bello e non sarebbe la parabola che è. Perchè non è necessario che arrivi il messia (o che torni, a seconda dei punti di vista) per capire che ogni dogma, ogni regola ferrea, ogni imposizione, sono deleteri per l'umanità e per la vicinanza tra esseri viventi. Il messaggio, semplificato, è quello dell'amore che dovrebbe essere unica guida di ognuno. E chiunque si aggrappi a parole scritte da altri, non trovando la forza in sé, chinque rinunci a un'esperienza del mondo per trincerarsi nell'ideale, spinto magari dalla volontà di vessare gli altri e di tenerli sotto controllo, è un essere che ha deciso di tenersi inchiodato a un dettame e che vuole convincere chi abbia meno dimistichezza con la parola scritta, che deve inchiodarsi anche lui alla medesima legge, ma sulla fiducia. O per costrizione.

E' in questo distacco dalla sfera intellettuale, dimensione fondamentale delle donne e degli uomini, ma non unica!, e nella conseguente fuga da quello che il professore stesso definisce un gruppo terrorista (il corpo insegnanti), sta la parabola che ci racconta Olmi, tenendoci agganciati allo schermo con gli occhi spalancati. Dalla biblioteca e dall'Università verso la natura, vicino al corpo e alla ricerca per tentativi di una modalità differente di vivere. Dalla lettura allo sradicamento delle erbacce e alla costruzione di un tetto in legno, dalle lezoni ex cathedra, all'ombrellone condiviso con chi ha studiato molto poco. Di fronte a un Po bellissimo e a una comunità di persone che vivono in prefabbricati e che accolgono il professore chiamandolo Gesù Cristo, di fronte alla ragazza che lavora in panetteria e che non incarna nessuna bellezza stereotipata e al ragazzo che lavora in posta, il professore mette in atto altre parti di sé e ripudia ciò che ha venerato fino al giorno prima: la cultura. E allora qual è lo scandalo più grande? Il fatto che si violi una biblioteca e i suoi libri, infrangendo un gigantesco tabù, oppure il problema sta nell'aver violato l'Università, luogo in cui si forgiano le menti con un unico stampo? Olmi sostiene che la codificazione del sapere sia dannosa e abbia privato gli uomini della propria libertà. Il più eclatante esempio di difesa del copyright è quello che fa la chiesa con il nome di Gesù. La chiesa ne detiene i diritti senza esserne la proprietaria e impone un'unica lettura dei vangeli, un'unica dottrina, addirittura quali vangeli sono validi e quali sono invece squalificati. La codificazione del sapere, appunto. Una cultura immobile che per essere al passo solo con il Rinascimento italiano dovrebbe polverizzare qualsiasi record di corsa. Un sapere stantio che puzza non di muffa, ma di putrefazione. Una cultura che non ha la minima idea di chi siano le persone a cui si rivolge, anzi, proprio non le interessa saperlo. Perciò la ribellione di Olmi mette a tacere tutti i bacchettoni delle varie trasmissioni televisive. E' più vivo e più vero il suo Gesù, come lo è quello cantato da Nada.

Le frasi celebri di quest'opera sono semplici e penetranti, in linea con la parabola anarchica e rivoluzionaria che il film mette in scena. "Tutti i libri del mondo non valgono un caffè con un amico" e "C'è più verità in una carezza che in tutti i libri" non necessitano di un grande percorso di studi per essere capite. La rabbia può aiutare a svelare il mistero dell'assassino di libri antichi, quella rabbia profonda di chi ha capito che un certo tipo di cultura ha portato gli esseri umani alla deriva, lontani da se stessi, lontani dagli altri e lontanissimi da ciò che dicono di seguire alla lettera: il Verbo. Il Vangelo viene citato in pochi frangenti, uno dei quali è un attimo di tenerezza: una parabola viene riecheggiata come fosse un'antica favola, carica di quella familiarità e di quel portato di evocazione che solo le parole sentite ripetere nei primi anni di vita possono avere. Un altro è durante una disputa teologica, forse il momento migliore del film; la discussione accesa tra il prete bibliofilo e il professore che inchioda quest'ultimo proprio con le parole che egli crede di conoscere meglio. E con un altro meraviglioso, potente come le bestemmie urlate de L'ora di religione e liberatorio tabù che viene infranto: Dio che verrà a dar conto di tutto il dolore del mondo e non il contrario.

 
 
 
 
 
 
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Commenti
 

I lettori hanno scritto 4 commenti

 
 
utente
saltaleo
  • indirizzo IP 213.140.11.139
  • data e ora Martedì 10 Aprile 2007 [1:09]
  • commento come sempre la recensione mi stimola alla visione del film. buenas noces e.t.
 
 
 
 
 
utente
garufolo
  • indirizzo IP 84.221.116.234
  • data e ora Giovedì 12 Aprile 2007 [13:48]
  • commento Concordo dalla prima all' ultima parola, il film è un gioiellino ed è destinato a rimanere nella storia del cinema italiano e non solo. Ci vuole ogni tanto qualcuno che dica la verità...
 
 
 
 
 
utente
mabernini@alice.it
  • indirizzo IP 82.50.27.102
  • data e ora Lunedì 16 Aprile 2007 [23:21]
  • commento commovente,penetrante, attori al meglio grazie al regista, fotografie struggente, fa pensare, ti lascia colmo di bontà, vorrei capire meglio perchè cento
 
 
 
 
 
utente
augusta
  • indirizzo IP 87.2.143.70
  • data e ora Domenica 29 Aprile 2007 [23:10]
  • commento emozionante ,profondo ,che fa pensare
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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