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libera critica cinematografica

 
 
 
 
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Voti

Il voto del redattore

  • voto
  • 1.5/5
  • valutazione
  • Quando le pretese sociologico-trascendentali di un film si arenano sulla spiaggia del ridicolo
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Il voto dei lettori

  • voto medio
  • 1.5/5
  • numero votanti
  • Questo film è stato votato da 6 lettori
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Info

Parole d'amore

di Scott McGehee e David Siegel

 
    Dati
  • Titolo originale: Bee season
  • Soggetto: Tratto dal romanzo "La stagione delle api", di Myla Goldberg
  • Sceneggiatura: Naomi Forner Gyllenhaal
  • Genere: Drammatico - Sentimentale
  • Durata: 104 min.
     
  • Nazionalità: U.S.A.
  • Anno: 2005
  • Produzione: Bona Fide Productions, Fox Searchlab, Fox Searchlight Pictures, I5 Films, Bee Season Productions Inc.
  • Distribuzione: I.I.F.
  • Data di uscita: 00 00 0000
 
 
 
 
 
 
 
 
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Recensione

Prendi tre e paghi due: spiritualità da grande magazzino

di Roberta Folatti

Parole d'amore è un film dai risvolti comici, peccato siano del tutto involontari!
Nelle intenzioni degli autori la vicenda della piccola campionessa di spelling doveva essere ammantata di misticismo e la figura della madre, sempre più vicina alla follia, indurre negli spettatori palpiti di commozione.
Personalmente, ma ho avvertito intorno a me lo stesso crescendo di stupore, mi ci è voluto un po' per comprendere le ambizioni elevate del film e per confrontarle coi risultati a dir poco imbarazzanti. All'inizio non si capisce bene dove Parole d'amore voglia andare a parare, con questo padre/marito, mezzo fighetto e mezzo intellettuale (?), interpretato da un'improbabile Richard Gere, che coi figli sembra avere un rapporto del tipo: abitiamo insieme, significa forse che abbiamo un qualche grado di parentela? Fino a quando non viene folgorato dallo spelling…
E poi - saranno pregiudizi miei - nel ruolo dello studioso di religioni, con cattedra in Università, Gere risulta davvero poco credibile, anche adesso che la maturità e le simpatie buddiste gli hanno conferito un carisma diverso dal passato.
Ma andiamo per ordine.
La piccola Eliza, figlia di un professore universitario e di una donna apparentemente sfaccendata (non si capisce se lavora, in casa non cucina, ciondola per la città senza una meta, ma nessuno in famiglia sembra notare le sue stranezze…), si distingue per una propensione per lo spelling, cioè la capacità di intuire com'è scritta una parola. Chiunque abbia studiato un po' di inglese sa cos'è lo spelling, per noi italiani, che scriviamo come pronunciamo, è una cosa priva di senso.
Negli Stati Uniti invece pare costruiscano dei veri e propri campionati su questa particolare abilità, durante i quali migliaia di bambini subiscono le manie di adulti un po' fanatici. Gare di spelling, una delle mostruosità più inutili e noiose inventate dagli americani: guardando Parole d'amore è l'unica conclusione a cui uno spettatore sano di mente può giungere.
Ma per il professor Richard Gere lo spelling diventa un'ossessione (ci chiediamo se uno studioso di religioni non abbia cose più interessanti da fare…).
Metà film, se non di più, è dunque incentrata sulla partecipazione di Eliza a queste manifestazioni, dapprima snobbata dal padre Saul, poi appoggiata con esaltazione crescente quando il professore si convince che, attraverso lo spelling, la figlia può arrivare a uno stato di trance mistico.
Completamente assorbito dalle (ridicole) gare della figlia, a cui gli autori del film fanno spuntare colombe e fiori dai vestiti mentre è ispirata nella vivisezione di una parola, Saul non bada al comportamento sempre più inquietante della moglie, una Juliette Binoche stranita e sacrificata in un ruolo che non ha né capo né coda. Miriam si disinteressa completamente alle vicende familiari, si allontana anche fisicamente dal marito, vivendo di continuo flashback che richiamano un dramma del suo passato (che non verrà mai chiarito nel corso del film). Ed è qui che scatta il top dell'umorismo involontario, che la sera della prima ha suscitato commenti sarcastici ad alta voce.  Si scopre infatti che la povera donna incompresa ha raccolto in un garage migliaia di oggetti luminosi, spesso rubandoli, per tentare di ricomporre i frammenti della sua vita, andati in pezzi molti anni prima…
Chi salverà la famiglia dalla disgregazione e dalla follia latente (mica tanto)?  Dimenticavo, come se non bastasse, anche il fratello maggiore di Eliza diventa inopinatamente hare krishna, introducendo un altro "colpo di scena" misticheggiante di cui si faceva volentieri a meno. 
Sarà la campioncina di spelling, arrivata sull'orlo della vittoria finale, a intuire che il solo modo per evitare la rovina è sbagliare l'ultima fatidica prova… davvero si fatica a stabilire un nesso tra questo sublime sacrificio e la riconciliazione familiare.
Ma bando ai ragionamenti sofisticati, l'importante è che il film, di una noia soverchiante, sia finito e che lo sguardo inespressivo di Gere e quello assente della Binoche si ritrovino metaforicamente grazie alla loro intelligentissima figlia. Ci chiediamo se il motivo dell'interpretazione eterea della Binoche, ai limiti dell'inconsistenza, non sia attribuibile, più che a un'identificazione col personaggio, a una presa di distanza da quel pasticcio che è Parole d'amore.

 
 
 
 
 
 
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Commenti
 

I lettori hanno scritto 2 commenti

 
 
utente
miriam ma non binoche
  • indirizzo IP 151.26.62.198
  • data e ora Venerdì 03 Marzo 2006 [0:52]
  • commento Perfettamente d'accordo
 
 
 
 
 
utente
maya
  • indirizzo IP 151.24.202.246
  • data e ora Mercoledì 15 Marzo 2006 [19:16]
  • commento Capacità critica significa saper scindere ciò che non funziona da ciò che è salvabile. In questo film insostenibile ci sono una Binoche meravigliosa e le amabili fantasia della mente di una bambina.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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