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Info

L'ultimo samurai

di Edward Zwick

 
    Dati
  • Titolo originale: The last samurai
  • Soggetto: John Logan
  • Sceneggiatura: Marshall Herskovitz, John Logan, Edward Zwick
  • Genere: Azione - Guerra
  • Durata: 153 min.
     
  • Nazionalità: Giappone, Nuova Zelanda, U.S.A.
  • Anno: 2003
  • Produzione: Warner Bros., Cruise-Wagner Productions, etc.
  • Distribuzione: Warner Bros. Italia
  • Data di uscita: 00 00 0000
 
 
 
 
 
 
 
 
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Recensione

L'ultimo samurai

di Sara Troilo

Ci vogliono quattro mesi di addestramento per imparare a usare una katana o, per lo meno, tanti ne ha impiegati Tom Cruise; se vi interessa un minimo seguire la moda non potete prescindere, la tendenza hollywoodiana è chiara: i fucili e le pistole sono cheap, le usano ormai anche i bambini, è necessario seguire l'esempio del capitano Nathan Algren. Nathan (Tom Cruise) è capitano nel settimo cavalleggeri di Custer, disgustato dalla ferocia delle battaglie impari contro i nativi americani, accetta di partire per il Giappone per addestrare l'esercito dell'imperatore all'utilizzo delle armi da fuoco. Non vorrei illudere nessuno e mi sento di precisare subito che non sto parlando di un film pacifista. In Giappone la situazione è questa: l'imperatore non è esattamente un decisionista e interroga continuamente i propri consiglieri che sono tutti schierati per il progresso e per le armi da fuoco tranne il famigerato ultimo samurai Katsumoto (Ken Watanabe). Da qui nascono i conflitti: la tradizione dell'antico e glorioso Giappone sta per essere cancellata e solo un uomo lotta per salvarla. Al suo fianco si schiererà, passando da nemico ad alleato, il buon capitano Algren. Il film racconta il rito di passaggio di Nathan da soldato che esegue gli ordini senza porsi nessuna domanda a uomo che cerca dentro di sé le motivazioni e le trova in un'altra cultura e in un modo opposto di concepire la vita rispetto a quello con cui è cresciuto. Bizzarra è la coreografia di questo cambiamento, Tom Cruise infatti non fa altro che prendere bastonate; c'è una scena memorabile in cui si rialza dal fango per sei o sette volte e tutte le volte arriva un colpo più forte dei precedenti che lo ributta a terra; ognuno imbocca la strada dell'autocoscienza che più gli si addice, verrebbe da dire, ma sarebbe ingiusto perché al di là di queste lezioni di lotta, il capitano sostiene lezioni di lingua e interessanti conversazioni con Katsumoto, all'inizio bellicose, poi via via sempre più intime e filosofiche. Cruise ha infatti dichiarato di avere voluto fortemente lavorare ne L'ultimo samurai perché racchiudeva il pensiero e lo stile di vita che ha scelto per sé e perché il film si sviluppa su un piano complesso che vede messe in parallelo sia la storia personale di Algren che quella nazionale del Giappone e degli Stati Uniti. Tutta questa complessità non emerge affatto dal lavoro di Edward Zwick che, tanto per stare con i piedi per terra, cita Kurosawa tra i propri maestri; certo, almeno ne ha scelto uno che non si può ribellare, magari al prossimo film dice di essersi ispirato a Kubrick perché quando uno è privo di vergogna non ha limiti. La filosofia di questo film potrebbe essere scritta tutta su un fazzoletto di carta, i dialoghi tra Nathan Algren e Katsumoto sono banali e procedono per brevissimi aforismi che vorrebbero essere significatavi e vagamente zen, ma che sono e rimangono, appunto, solo brevi. La regia smaschera Zwick che evidentemente non ha visto "infinite volte" I sette samurai di Kurosawa , ma Braveheart e infatti la reazione che mi ha suscitato è la medesima, da dieci minuti dall'inizio del film facevo un tifo sfrenato perché il protagonista perisse in battaglia. Non c'è alcuna profondità nel racconto che è bidimensionale e dove si sfiora il revisionismo a proposito dei massacri dei nativi americani, il samurai chiede infatti al capitano del settimo cavalleggeri di parlargli delle grandi imprese del generale Custer e Nathan si dichiara disgustato dalla mancanza di lungimiranza del militare e dalla facilità con cui mandava a morire i propri uomini, salvo poi riprendere il discorso prima della battaglia finale. Lì il generale Custer viene di nuovo proposto come modello da Katsumoto e Algren non si scompone più, ma ha l'ardire di citare le Termopili che qualsiasi militare americano di quell'epoca conosceva bene, apprendo io con estremo stupore. Al di là del prendere atto della preparazione in storia greca di Nathan non si capisce come mai il personaggio approdi a una concezione di vita che mai prima di allora l'aveva sfiorato e l'unica risposta sta nella bellissima vedova del samurai che lo stesso Algren ha ucciso durante il primo scontro. Non che ci sia niente di male, l'amore è sempre un ottimo movente (nei film), ma un po' più di onestà nell'impianto di questo lavoro gli avrebbe giovato. Se uno spettatore mediamente preparato sente parlare di filosofia e di Kurosawa come referente diretto si crea un minimo di aspettativa e poi si arrabbia, sarebbe bastato dichiarare, per non deludere nessuno: "Ho girato la versione samurai di Braveheart con un attore americano molto famoso che riesce a imporre la propria visione del mondo a un'antichissima tradizione e che batte a frasi brevi (non zen, lo ammetto) l'ultimo samurai del titolo. Vi prometto due ore e trenta minuti di svago assoluto.".
 
 
 
 
 
 
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Commenti
 

I lettori hanno scritto 15 commenti

 
 
utente
El Barto
  • commento Ma perché, non mi dire che sei Dianetica anche tu!! :-O
 
 
 
 
 
utente
Sara
  • commento santo cielo, non sarai mica cattolico tu, piuttosto! ;)
 
 
 
 
 
utente
El Barto
  • commento Io? No, sono ateo.. stavolta hai sbagliato! :o) :o)
 
 
 
 
 
utente
Sara
  • commento qualche volta, si', sbaglio ;)
 
 
 
 
 
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3l B@rt0
  • commento Anke yo!
 
 
 
 
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