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libera critica cinematografica

 
 
 
 
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Locandina
 
 
 
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Voti

Il voto del redattore

  • voto
  • 4/5
  • valutazione
  • Il possesso della casa come escamotage per esibire tutti i rischi della violenza inesplosa e del non detto
  •  
 
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Il voto dei lettori

  • voto medio
  • 4.5/5
  • numero votanti
  • Questo film è stato votato da 2 lettori
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Info

Proprietà privata

di Joachim Lafosse

 
    Dati
  • Titolo originale: Nue propriété
  • Soggetto:
  • Sceneggiatura: Joachim Lafosse, François Pirot
  • Genere: Drammatico - Psicologico
  • Durata: 92 min.
     
  • Nazionalità: Belgio, Francia, Lussemburgo
  • Anno: 2007
  • Produzione: Tarantula Belgique, Mact Productions, Tarantula Luxembourg, RTBF
  • Distribuzione: BIM
  • Data di uscita: 16 03 2007
 
 
 
 
 
 
 
 
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Recensione

Serviti a tavola i pugni sul cuore

di Antinoo

Belgio. Pascal (Isabelle Huppert), una donna separata, cerca di tenere insieme i pezzi della sua vita che rispondono ai nomi dei suoi due figli gemelli, Thierry (Jérémie Rénier) e François (Yannick Rénier), e al perimetro della casa che il marito (Patrick Descamps), una specie di bancomat semovente per i due ragazzi, ha lasciato loro. Convinta da Jan (Kris Cuppens), vicino di casa con cui Pascal ha una relazione clandestina, a cercare di rifarsi una vita con lui, vendendo casa e aprendo un'attività con lui, innesca tutta una serie di conflitti, fino a quel momento sedati solo dall'eccessiva remissività che ha caratterizzato il suo rapporto con i figli. Il possesso della casa diventa escamotage per fare esplodere tutto il non detto prima taciuto in un delicato equilibrio fatto di repressione e sacrificio materno.
La mancata vendita della casa, interrompe quel fisiologico cambiamento che sarebbe stato necessario per disinnescare le dinamiche morbose che si vanno via via creando: esasperata dall'essere trattata dai figli come se lei stessa lo fosse, in un perverso capovolgimento dei ruoli, Pascal decide di andarsene da casa, e lasciare i due ragazzi a cavarsela da soli. Questa scelta scatenerà una violenza ancora più grande.

Un film bellissimo, assolutamente scarno ed essenziale, in cui nessun commento o tema musicale caratterizza le vicende che si susseguono di fronte ai nostro occhi. Così lontano dai soliti cliché family affair americani o dai drammoni tutti primi piani singhiozzanti e sceneggiate isteriche, complice il parentado riunito, del nostro cinema. Il regista Joachim Lafosse si cimenta con un testo che ha richiesto sette anni per essere filmato, forse perché di respiro vagamente autobiografico: anche lui ha un gemello, e gli attori che interpretano Thierry e François sono essi stessi fratelli.
Tanti i temi esplorati, con efficacia e nessuna concessione alla spettacolarizzazione: la complicità tra fratelli che diviene competitività violenta, l'archetipo del cibo come libido e pulsione di vita, con due figli che non smettono mai di mangiare, e chiedere e chiedere, e una madre che non smette mai di nutrirli, e la casa come spazio vitale, confine, trappola e prigione, favorito da una regia che utilizza piani di frequenza fissa, così da costringere ogni personaggio ad "uscire dall'inquadratura se voleva allontanarsi" per citare il regista.

Un film che ha riacceso tanti tizzoni che avevo sepolto e che, nel finale, lascia finalmente partire la musica: un violino impazzito ed in fuga, a siglare l'unica via per rimanere vivi.

 
 
 
 
 
 
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