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libera critica cinematografica

 
 
 
 
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Voti

Il voto del redattore

  • voto
  • 3.5/5
  • valutazione
  • Un noir ben costruito, con una recitazione coinvolgente e una spolverata di divertita ironia.
  •  
 
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Il voto dei lettori

  • voto medio
  • 4.2/5
  • numero votanti
  • Questo film è stato votato da 5 lettori
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Info

Piano 17

di Antonio Manetti e Marco Manetti

 
    Dati
  • Titolo originale: Piano 17
  • Soggetto: Antonio Manetti, Marco Manetti, Giampaolo Morelli e Anatole Pierre Fuksas
  • Sceneggiatura: Antonio Manetti, Marco Manetti, Giampaolo Morelli e Anatole Pierre Fuksas
  • Genere: Commedia - Noir
  • Durata: 105 min.
     
  • Nazionalità: Italia
  • Anno: 2006
  • Produzione: Moviemax, Gamp produzioni
  • Distribuzione: Moviemax
  • Data di uscita: 03 03 2006
 
 
 
 
 
 
 
 
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Recensione

Mai pigiare il tasto 17...

di Roberta Folatti

Un minuscolo budget di 70.000 euro, un gruppo di amici professionisti del cinema, un soggetto in evoluzione. E cinque settimane di lavorazione.
Da questi ingredienti, shakerati con dovizia, è uscito Piano 17, un noir italiano che è un piccolo gioiellino di precisione e suspense. Con attori bravi e decisamente in parte. Al Festival di Courmayeur 2005 è stato il grande preferito del pubblico, che gli ha tributato unanimi favori.
L'idea base del film sta nel timer di una bomba, che procede inesorabile, mentre il tempo viene frammentato in molteplici flashback, che pian piano ricompongono l'intera vicenda. Una banda di rapinatori, non proprio gentili ma nemmeno troppo cattivi, capeggiata dal riflessivo Matteo Mancini, comincia a sfaldarsi per le incomprensioni interne. Sospetti e gelosie fra i membri del gruppo intorbidano le acque e fanno emergere la figura del secondo Mancini, fratello minore del capo, malvivente dal cuore tenero e dallo spiccato acume psicologico-introspettivo. I Manetti Bros spiegano che inventando questo personaggio hanno pensato a una specie di Sherlock Holmes del crimine, sottile osservatore di dettagli e psicologie umane.
In effetti nella lunga scena claustrofobica all'interno dell'ascensore, con la tensione che cresce ogni minuto e diventa palpabile, Mancini junior si dimostra freddo e padrone di sè, e riesce a mettere a nudo le debolezze dei suoi compagni di sventura.
Ricapitolando, per una serie di coincidenze ben oliate che non sto a raccontarvi, succede che Mancini si ritrovi bloccato dentro un ascensore con altre due persone e con l'ingombrante tic tac (metaforico) di una bomba che sta per esplodere.
Fuori nel frattempo si compie un feroce regolamento di conti, che smaschera il cattivo della situazione, un Enrico Silvestrin destinato dal cinema a ruoli di spietato e che sembra trovarsi a proprio agio. Il thriller dei Manetti Bros funziona, tiene inchiodati alle sedie, regalando belle immagini malgrado sia ambientato in un palazzone di 17 piani alla periferia della città. Ma i vetri a specchio di quella fredda costruzione riflettono un cielo inquieto e mutevole, che "recita" a dovere la sua parte. La musica martellante incoraggia l'ascesa della tensione, anche se tutto è sdrammatizzato dall'ironia, come se i Manetti Bros e l'intero cast mantenessero sempre uno sguardo un poco irridente.
Uno sguardo compiaciuto per il modo in cui il puzzle da loro inventato si ricompone senza sbavature.
La fine del povero Borgia, tradito dalla sua pancia, è un buon indicatore dello spirito del film. In ogni scena si avverte ciò che attori e registi dichiarano in coro, e cioè di aver girato e interpretato il film per puro piacere.
A fine proiezione i Manetti Bros raccontano di come ogni singolo personaggio sia stato scritto tenendo bene a mente la personalità dell'attore che lo impersona.
Descrivono l'audacia di Elisabetta Rocchetti, una delle poche attrici italiane, a loro dire, che capiscono l'importanza delle scene d'azione in un film noir.
Sparatorie, fughe, arrampicate sono fondamentali quanto primi piani e caratterizzazioni psicologiche e la Rocchetti non si tira indietro.  In Piano 17 c'è una scena in cui risale la tromba dell'ascensore appesa a una corda, i registi l'hanno ammirata quando ha voluto provarci per davvero, senza imbragatura. Divertente il racconto di Silvestrin sulla creazione "fisica" del suo personaggio: il pizzo mefistofelico spazia dai Metallica ai Motorhead, la fasciatura al braccio è un trucco per coprire un suo tatuaggio con la stella rossa, poco credibile su un ultrà romanista dalle simpatie molto di destra.
Riguardo alla singolare esperienza produttiva a bassissimo budget, i Manetti Bros non ritengono che possa rappresentare la ricetta per guarire il cinema italiano, ma nemmeno hanno molta fiducia in un ipotetico ritorno dei finanziamenti pubblici, che secondo loro hanno contribuito solo ad "ammalare" il nostro cinema.

 

 
 
 
 
 
 
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