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libera critica cinematografica

 
 
 
 
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Voti

Il voto del redattore

  • voto
  • 2/5
  • valutazione
  • Si cerca una visione mistica, appare soltanto un De Oliveira stanco e appannato
  •  
 
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Il voto dei lettori

  • voto medio
  • 3/5
  • numero votanti
  • Questo film è stato votato da 2 lettori
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Giorni e nuvole
  • di Silvio Soldini
  • dal 26 10 2007
  • genere Drammatico
  • tipo Sociale
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Dogville
  • di Lars Von Trier
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  • genere Drammatico
  • tipo Sociale
  • Sara Troilo
 
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Recensione 4
Machuca
  • di Andrés Wood
  • dal
  • genere Drammatico
  • tipo Sociale
  • Laura De Gregorio
 
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Oro rosso
  • di Jafar Panahi
  • dal
  • genere Drammatico
  • tipo Sociale
  • Sara Troilo
 
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Info

Specchio magico

di Manoel De Oliveira

 
    Dati
  • Titolo originale: Espelho Màgico
  • Soggetto: Agustina Bessa-Luis
  • Sceneggiatura: Julia Buisel e Manoel De Oliveira
  • Genere: Drammatico - Sociale
  • Durata: 137 min.
     
  • Nazionalità: Portogallo
  • Anno: 2005
  • Produzione: Filbox-Producoes, Audiovisuals, LDA
  • Distribuzione:
  • Data di uscita: 27 07 2007
 
 
 
 
 
 
 
 
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Recensione

Theologia Vulgaris

di Nicola Tedeschi

Talvolta le sorprese più eclatanti e inaspettate non vengono dalla prefigurazione del futuro ma dalla materializzazione nel presente di un passato più che remoto.
Chi avrebbe scommesso che nel 2005 d. C. i Vangeli Apocrifi sarebbero stati così incredibilmente "hip", e che avrebbero giocato un ruolo determinante nella genesi e nel senso complessivo di ben due film presentati in concorso a Venezia?
E che all'invidiabile età di 96 anni Manoel De Oliveira avrebbe dedicato la sua attenzione ai tormenti mistico-evangelici dell'alta borghesia, e alla questione dell'estrazione sociale della Vergine Maria, e indagato sulla natura, la qualità e la consistenza etica dell'"anima dei ricchi"?
Assistere alla proiezione di un film del "grande vecchio"del cinema portoghese ha sempre in sé qualcosa dell'esperienza religiosa: richiede raccoglimento, concentrazione, "apertura" assoluta alle immagini ed alla Rivelazione che esse sembrano promettere.
È come accostarsi a certe "sacre scritture", dinanzi alle quali si prova una sensazione straniante, una mescolanza di rispetto preventivo, vigile ascolto, tensione ermeneutica, ma anche un fondato timore di essere irretiti dalla ragnatela di un colto ed esoterico tedio.
Quando accade che un suo film, come in questo caso, prenda spunto da una riflessione così intrisa di misticismo e sviluppi, in modo discutibile ma certo originale, una serie di tematiche di natura spiritual-religiosa, non è possibile evitare uno spontaneo rafforzamento di quelle sensazioni, come presagendo di trovarsi di fronte ad una curiosa autoreferenzialità ideologica.
L'elemento paradossale di ogni film di De Oliveira è la singolare e per certi aspetti divertente situazione in cui si trova lo spettatore: uscito quasi sempre provato da una pellicola impegnativa e di ardua metabolizzazione, si rende ben presto conto che il film andrebbe in realtà rivisto una seconda volta, nel timore - se fondato o meno è altra questione - di avere perduto un passaggio decisivo, un istante di illuminazione, la fugace chiave interpretativa per la comprensione dell'opera, racchiusa in una breve frase, un'inquadratura, un silenzio, un momento della sceneggiatura poco evidente o volutamente celato.
Espelho màgico non fa eccezione, e se possibile porta al suo massimo grado l'esigenza di una ulteriore, attenta visione, e ancor più di un ascolto di stampo "filologico", imperniato com'è su un'impressionante serie di dialoghi didascalicamente enfatici tra i molti personaggi, dialoghi così incalzanti, profondi, brillanti e "letterari" - la derivazione romanzesca del soggetto è fin troppo fastidiosamente evidente -  da risultare tanto densi e interessanti quanto altamente improbabili.
Luciano (Ricardo Trepa) è un giovane di aspetto attraente, dialetticamente scaltro, incline al pensiero speculativo, ma al tempo stesso tendenzialmente "viveur" e non insensibile alla seduzione dei piaceri terreni.
Esce di prigione per ragioni che sono - e in gran parte resteranno - oscure, ma non sembra turbato dalla sua ingiusta reclusione; nell'imminenza della sua scarcerazione lo si vede conversare con ironico distacco con il direttore del penitenziario - un dialogo pseudo-filosofico sul tema della libertà e della bellezza - e con il compagno di cella, un assassino reo confesso che si rammarica per la sua partenza, ma che subito dichiara che non si sentirà  mai solo perchè il suo odio per tutti gli altri detenuti gli sarà costante e fedele compagnia.
Per ragioni che pure restano misteriose il fratello gli trova un generico impiego nella tenuta di campagna di Alfreda (Leonor Silveira), una ricca e raffinata signora; si trova ad esserne l'autista, il factotum, ma via via anche il confidente, forse un amante in pectore, considerato che il marito di lei pare troppo impegnato nel ruolo di mecenate per fanciulli "musicalmente poco dotati".
Luciano scopre ben presto, senza peraltro sembrarne particolarmente scosso, che la donna vive costantemente tormentata da un'unica, permanente ossessione: il desiderio di un apparizione di "Nostra Signora", ovvero la Vergine Maria.
Quale l'eziologia di tale pensiero compulsivo? Ad un esame puramente formale tale "idea fissa" sembra derivare dalle conversazioni che regolarmente si tengono nel suo ristretto "salotto" di amici, cui partecipano tra gli altri un reverendo dallo sguardo luciferino e soprattutto lo strano professore Heschel (un impacciato Michel Piccoli), esperto esegeta delle Sacre Scritture e amante e studioso dei Vangeli apocrifi.
La curiosa e peculiare teoria del dotto cattedratico, fondata a suo dire su prove inoppugnabili, è molto suggestiva: la Vergine Maria, al contrario dell'immagine di semplice umiltà tramandata dalla tradizione evangelica e dal "senso comune", era in realtà  una donna di estrazione sociale elevata, e perciò ricca proprio come lei, donna Alfreda.
Tale affermazione viene talmente interiorizzata da quest'ultima da tramutarsi in pensiero dominante, alimentando in misura parossistica il suo desiderio epifanico.
Uno degli aspetti che più colpiscono in questa strana e singolare pellicola, sfuggito a molti, è un innaturale livellamento linguistico, in virtù del quale tutti discettano con singolare profondità e competenza di tematiche teologiche e mistico-religiose: non soltanto il reverendo e il professore di teologia (gli unici titolati a farlo), ma anche gli altri personaggi di questa piccola "corte", da una zelante cameriera a una suora spagnola che appare e scompare all'improvviso, da Luciano stesso al suo ambiguo e irriverente compare, un ex compagno di prigione, presunto accordatore di pianoforti e noto falsario, con il quale il giovane elabora un piano per creare un'apparizione "artificiale" della Madonna - resta aporeticamente indecidibile se per burla o per compassione - travestendo all'uopo una giovane ragazza madre bisognosa di denaro, da lui stesso reclutata.
Tra comportamenti eccentrici e un progressivo struggimento emotivo, associato a una crescente astenia fisica, che la rende sempre più "eterea" e incompresa da chi le sta vicino, Alfreda seguita a porsi un cruciale interrogativo destinato a rimanere senza risposta: "Perché non mi appare? Perché non dovrebbe apparire a me, che sono una donna ricca e colta, quando è apparsa ad esempio ai pastorelli di Fatima, che erano poveri e ignoranti? Istruita come sono, potrei chiederle cose che nessun altro le ha mai domandato."
Invano Luciano - che di pari passo con la progressiva alienazione mistica della donna si configura sempre più come fedele e devoto amico, affrancandosi dal ruolo ambiguo e sottilmente erotico che pareva destinato a ricoprire all'inizio - tenta di ricondurre Alfreda ad un razionale principio di realtà : "Giovanna d'Arco non l'ha mai incontrata, ma ha sentito solo voci", le dice a un certo punto, sconsolato.
Non staremo qui a speculare sull'influenza dell'educazione gesuitica del vecchio regista, né sul peso della sua creatività rispetto al testo letterario di riferimento, e ancor meno sulla reale finalità di un film così concepito, che resta nebulosa e incerta.
Né, a maggior ragione, anche posto di averne trovata una, sull'evidente inadeguatezza dell'opera, che tenta in modo incerto e criticabile l'impresa, già di per sé ardua, di rappresentare l'anelito alla trascendenza e l'accesso al mistero attraverso una dimensione di pura immanenza, che appare più come un atto di hybris e di vanità di una mente facilmente suggestionabile che un afflato sincero e meditato, dettato da un reale percorso di fede.
Tra le motivazioni addotte dal regista: la messa a fuoco del ruolo della donna nel destino del mondo; la descrizione della ricerca di un "nuovo umanesimo" da contrapporre al crescente materialismo contemporaneo - del quale "l'anima dei ricchi" sarebbe una tra le possibili metafore - ; un invito al recupero della riflessione sulla necessità di credere di fronte alla "meccanizzazione" delle anime nell'era della tecnica, a testimonianza di un atteggiamento di pessimismo metafisico di stampo quasi heideggeriano.
Di tutto questo dal film emerge in ogni  caso ben poco.
Sul comportamento da tenere relativamente a questioni di giudizio i Latini amavano citare uno splendido aforisma: "Amicus Plato, sed magis amica veritas": nessuno, nemmeno un mostro sacro - e De Oliveira indiscutibilmente lo è, la ricercatezza di certe scelte stilistiche ne è anche qui prova bastante - può sottrarsi alla critica o alla messa in discussione; nessun timore reverenziale è ammesso qualora sia in gioco la ricerca obiettiva di una verità o, come in questo caso, la formulazione di una semplice ma meditata opinione.

Nota finale: riesce difficile comprendere appieno le ragioni della particolare predilezione che il maestro ha riservato ai romanzi della scrittrice e amica Augustina Bessa-Luis, un'autrice a cui spesso si è ispirato per i suoi film, soprattutto considerando che la stessa ha dichiarato in più occasioni di non gradirli mai particolarmente. In attesa di rivedere questa pellicola taccuino alla mano, disposto ad una personale, per quanto improbabile, redenzione, concludo: è più facile che ad una ricca appaia la Madonna che questo film varchi le porte del Regno dei Cieli, o più semplicemente del Regno dei Cinefili.

 
 
 
 
 
 
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