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Editoriale

Vogliamo anche le leggi (e una libertà senza colori)

di Sara Troilo

Ringraziamo Stefano Disegni per le vignette

La chiacchiera sta annichilendo il cervello dei cittadini di questo paese di veline, calciatori e preti dove la democrazia viene confusa con la par condicio, dove l'arroganza non ha argini (ma quante persone incontrate al cinema che rispondono al telefono? maleducati totali!), dove l'audience è direttamente proporzionale a tette e cronaca nera. Lo stesso paese che è capace di parlare per giorni di un errore arbitrale mentre si dimentica cosa è successo a Genova nel luglio del 2001 e che si annoia se qualcuno spiega che differenza corre tra l'essere assolto e non esere stato condannato perchè il reato è andato in prescrizione. Quel paese che ha creduto a Vianello, Rita Dalla Chiesa, Zanicchi, Bongiorno e compagnia quando ha dovuto votare al referendum sulle televisioni, tutti testimonial che, quando si parla di fuga dei cervelli, non ci si deve preoccupare che lascino il nostro Paese. Lo stesso paese che ora vede Paola Perego, altra fine opinionista e grande intellettuale, che a Buona domenica ha allestito l'angolo anti centro-sinistra che deve aver dato in gestione anche a un qualche mago da baracconi. Poi c'è Ferrara, inteso come Giuliano, che dal suo giornale e dalla sua trasmissione vomita chiacchiere antiabortiste e che si indigna se viene contestato quando va negli spazi dei francescani per altri comizi. Sì, si osa addirittura definire quello dei contestatori "atteggiamento antidemocratico", come se l'esile figura non avesse abbastanza spazi concessi a lui dal padrone Silvio-bellicapelli-Berlusconi mentre le legittime depositarie dell'ultima parola (dell'UNICA parola) in merito alla maternità, che sono le donne, mi piace ricordarlo, hanno come unico spazio per parlare quello degli interrogatori cui sono sottoposte dopo che hanno abortito come legge prevede. Meno male che ci sono le forze dell'ordine che invece di andare nei pronto soccorsi e portare in galera quelle anime belle dei medici che si rifiutanto di prescrivere alle donne la pillola del giorno dopo, come legge approvata dal popolo italiano prevede, interrogano quelle che hanno appena affrontato un'esperienza devastante. L'esercito dovrebbe essere diviso tra Campania, per i rifiuti, e Lombardia dove la 194 è un'illusione per via della miriade di obiettori di coscienza (un po' convinti e un po', pare, obbligati dalle circostanze) della Sanità ciellina dell'impomatato Formigoni (altro privo di utero) che potrebbe specializzarsi sui testicoli e sulla vasectomia, ma anche sulla prostata e tutto ciò che comporta tanto per svagarsi e non pensare sempre e solo alla vagina (ehi, tu, maniaco dell'utero, levami le mani di dosso!). Qualcuno dovrebbe almeno poter discutere sulla scelta della Regione Lombardia di utilizzare 8 milioni di euro per teorizzare contro una legge nazionale votata dal popolo italiano, no? Dice anche il fissato con la vagina, Formigoni, che la Lombardia va contro la legge nazionale "affinché la libertà della donna non diventi solitudine e abbandono". Qualcuno dovrebbe spiegargli che la donna oltre all'utero ha anche il cervello, con un sacco di collegamenti sinpatici che le permettono di scegliere da sola in accordo con quanto dice la legge 194 che non impone a nessuna di abortire, ma che impone ai medici di mettere le donne in condizioni di farlo senza rischiare la propria la vita. E alla donna Alessandra Kustermann, responsabile del servizio diagnosi neonatale della Mangiagalli che dice: "Se i progressi scientifici accerteranno una possibilità di vita autonoma ancora prima, abbasseremo il termine a 21 settimane." chiediamo: qual è il movente? E com'è possibile che un ospedale faccia quello che vuole e imponga una soglia a priori, senza valutare caso per caso? Dove sta la donna in tutto questo?


In Italia, dove la libertà, almeno per chi si affida alla TV, è azzurra come quella dei puffi (che però avevano una struttura democratica più avanzata della nostra dal momento che non avrebbero mai permesso a un ricco telecomunicatore di fare le scarpe al grande puffo), dove i divorziati continuano a parlare di santità della famiglia con l'appoggio del Vaticano e dove cambiare si può, ma fino a un certo punto, l'ufficio legale di Forza nuova è riuscito a censurare il cinema. Al cinema Anteo di Milano e al cinema Politecnico Fandango di Roma sarebbe dovuto essere proiettato il documentario di Claudio Lazzaro Nazirock ma l'ufficio legale di Forza nuova è riuscito ad impedirlo. Cioè il cittadino che aveva liberamente scelto (secondo una libertà non azzurra) di andare al cinema a vedere Nazirock non ha potuto farlo grazie a uno schieramento politico che ha qualche problema con la legge che vieta l'apologia di fascismo. Nella diffida queste le motivazioni: il film conterrebbe "immagini, affermazioni, frasi, scene, ricostruzioni, gravemente diffamatorie del movimento". Secondo l'addetto stampa della federazione romana di Fn infatti, "il montaggio è elaborato ad arte per screditarci, e il fatto che esca in piena campagna elettorale, rivela intenzioni non proprio limpide". Di fatto il DVD è in vendita dal 3 aprile nelle librerie, edito da Feltrinelli Real Cinema, ma la proiezione in sala sarebbe potuta arrivare anche a chi non frequenta le librerie.

In Italia, dove la Democrazia evidentemente è alle cozze, per ovviare all'evidentissimo conflitto di interessi si è pensato di imporre la par condicio con il risultato che sulle reti del candidato che viola il conflitto di interessi la par condicio non è presa in considerazione e le multe vengono pagate senza problemi: siamo schiavi (ridotti in povertà) dell'arroganza del denaro. Ma facciamo per un attimo finta di essere in un altro Paese, uno in cui Democrazia significa che se possiedi giornali, televisioni, mezzi di informazione, non puoi candidarti in politica (come succede in tutto il mondo, USA inclusi) perchè non saresti mai al livello degli altri candidati, perchè nessuno avrebbe il tuo potere di arrivare alla gente facendogli credere qualsiasi cosa attraverso ogni programma televisivo, anche quello che ha l'aspetto di puro intrattenimento.  In un paese democratico la libertà avrebbe un valore assoluto e sarebbe bella così com'è, senza bisogno di colorarla per strumentalizzarla. Invece in Italia la libertà sembra giusta solo se è azzurra, anche azzurra scura, quasi nera, come quella diffusa dall'ufficio legale di Forza nuova che impedisce le proiezioni dei film.

 
 
 
 
 
 
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